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L’ULTIMO KING KONG

Il gigantesco scimmione torna a rivivere sul grande schermo con incredibile realismo. E Peter Jackson corona il suo sogno: “È per girare questo film che ho scelto la carriera di regista. La storia è pura avventura, condita di esotismo, mistero, romanticismo e paura”.

Pukerua Bay, Nuova Zelanda, 1970. È venerdì sera, manca meno di un quarto d’ora all’inizio del film, ma Peter è già “parcheggiato” davanti alla tv per non perdersi neppure un fotogramma di King Kong, una vecchia pellicola in bianco e nero girata trentasette anni prima.
Immerso nella penombra del salotto, sprofondato sul divano di velluto a fiori, Peter osserva a bocca spalancata le imprese del protagonista, un gigantesco scimmione che vive su un’isola incontaminata e si batte contro tirannosauri preistorici e rettili di ogni specie. Quando sul teleschermo compare la scritta “The end”, Peter - con l’entusiasmo dei suoi nove anni - ripete senza sosta tra sé e sé: “Ho deciso. Da grande farò il regista”.
Oggi, a 35 anni di distanza, Peter Jackson ha realizzato il proprio sogno e - dopo aver “firmato” i tre capitoli della saga de Il Signore degli Anelli, apprezzati in tutto il mondo - si prepara a “lanciare” il remake del film che lo ha fatto innamorare del cinema e dei suoi segreti. E per realizzarlo nel migliore dei modi, ha scelto nei ruoli principali il premio Oscar Adrien Brody e l’affascinante Naomi Watts.

Dall’Isola del Teschio a New York
Carl Denham, regista di documentari sui segreti della natura e degli animali, gira il mondo alla perenne ricerca di scoop e di emozioni. Zaino in spalla e cinepresa a tracolla, va dove lo porta la curiosità. Partito da New York a bordo dell’Adventurer, sta per raggiungere l’Isola del Teschio, un fazzoletto di terra sperduto nell’Oceano Indiano. È sulle tracce di King Kong, un terrificante gorilla alto otto metri che - secondo la leggenda - terrorizza gli indigeni ed è temuto e venerato come un idolo. Lo affiancano nell’impresa lo sceneggiatore Jack Driscoll e l’attrice Ann Darrow.
Gettate le ancore sull’Isola del Teschio, i tre - come autentici segugi - cercano di entrare in confidenza con gli abitanti del luogo e di accumulare il maggior numero di informazioni su King Kong e sulle sue abitudini. Gli indigeni, che non hanno mai visto una donna con i capelli biondi e gli occhi azzurri, rimangono incantati dalla bellezza di Ann e cercano di convincere Carl e Jack a offrirla in sposa al gorilla. Jack, segretamente innamorato di Ann, vorrebbe rifiutare la proposta, ma sa che questo significherebbe inimicarsi gli indigeni.
Carl, con l’occhio costantemente incollato alla cinepresa, segue a distanza ravvicinata lo sbocciare dell’amicizia tra King Kong ed Ann e ne immortala avido ogni dettaglio. Ben presto - però - Carl e gli altri membri dell’Adventurer scoprono a proprie spese che vivere sull’Isola del Teschio è più pericoloso del previsto: le paludi sono abitate da brontosauri, dinosauri e triceratopi sopravvissuti all’epoca preistorica. Combattere la loro furia è impossibile, perché le pallottole scalfiscono appena la loro corazza.
Al colmo della paura, i sopravvissuti preparano in tutta fretta i bagagli per far ritorno in America. Jack - approfittando di un attimo di distrazione di King Kong - libera Ann e fugge con lei verso la nave. Quando l’animale se ne accorge, si getta al loro inseguimento e - accecato dalla rabbia - travolge ogni ostacolo che incontra sul proprio cammino. Carl, vedendo il bestione avanzare verso la spiaggia, lo stordisce con una dose da… scimmione di gas sonnifero e - dopo averlo incatenato - lo carica su una zattera per trasportarlo a New York. Ma non sarà facile tenere in gabbia King Kong.

Un gorilla computerizzato
“Per me King Kong rappresenta ciò che dovrebbe essere il cinema - afferma senza falsa modestia il regista Peter Jackson - . Niente politica o messaggi profondi, soltanto la magia di un’esperienza capace di farti dimenticare chi sei e dove sei, un sogno a occhi aperti, un cocktail ben shakerato di esotismo, avventura, mistero, romanticismo e paura che ti colpisce al fegato e al cuore”.
La pellicola, realizzata grazie alla spericolatezza dei maghi del computer della Weta - l’“officina” di effetti speciali creata da Peter Jackson che deve il proprio nome a un insetto che sembra una via di mezzo tra un grillo e uno scarafaggio - è un concentrato di perfezionismo e di realtà virtuale.
Andy Serkis, che interpreta il ruolo di King Kong - per esempio - è stato sottoposto al medesimo procedimento utilizzato dal regista Robert Zemeckis con Tom Hanks nella pellicola Polar Express, uscita lo scorso Natale. Ha recitato cosparso di centinaia di puntini luminosi che - grazie ad alcuni computer dotati di ricettori a raggi infrarossi - hanno registrato ogni singola sfumatura espressiva del corpo e del viso. L’informazione digitale è stata in seguito trasferita ad altri computer che hanno provveduto a posizionare l’immagine all’interno delle sequenze che compongono il film.
“Per studiare i comportamenti e gli atteggiamenti dei gorilla nel loro ambiente naturale - racconta Andy Serkis - sono stato per qualche tempo in Ruanda. Tornato a casa, ho continuato le mie ricerche presso lo zoo di Londra, familiarizzando con quattro gorilla e ottenendo il permesso di entrare all’interno della loro gabbia”.
L’aspetto che Peter Jackson ha privilegiato nella realizzazione di King Kong è la preoccupazione di rendere credibile l’incredibile. “Grazie alla saga de Il Signore degli Anelli - spiega - ho imparato che le vicende più irreali sono quelle che vanno raccontate nel modo più realistico, come se si trattasse di un film storico. Ho fatto di tutto affinché lo spettatore possa entrare nella mente e negli occhi dei personaggi che sbarcano sull’Isola del Teschio e condividere la loro esperienza e la loro visione del mondo. Tutto deve sembrare plausibile, altrimenti non scatta l’immedesimazione, la molla che mette in funzione i sentimenti”.
Nonostante la concorrenza al botteghino - in vista del periodo natalizio - si presenti quanto mai difficile e agguerrita, Peter Jackson è convinto che King Kong farà breccia nel cuore del pubblico. “La pellicola non propone una sdolcinata storia d’amore - conclude il regista - ma una storia sull’amore. Il nodo centrale intorno a cui ruota tutta la trama è il rapporto che si instaura tra Ann e il gorilla. King Kong non è un mostro che si diverte a uccidere, ma un essere solo che quando si innamora di Ann non lo fa perché abbagliato dalla sua bellezza, ma perché è affascinato dal fatto che lei sia l’unica che si sforzi di capirlo”.
CARLO TAGLIANI

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