Non si è fatto
mancare nulla il regista
Peter Jackson
per far lievitare l’attesa per l’uscita del terzo e conclusivo capitolo
dedicato alla saga de
Lo
Hobbit, sugli
schermi a dicembre: immagini “rubate” dal set, qualche tweet rivelatore sulle
fasi di lavorazione, aggiornamenti mirati su Facebook, banner sempre nuovi per
il web, brevi trailer con le sequenze del film. Indizi distillati con sapiente
scadenza nei mesi passati, che hanno aumentato la curiosità per il ritorno nei
cinema di tutto il mondo di
Bilbo Baggins
e compagnia bella in
Lo
Hobbit - La battaglia delle cinque armate.
La pellicola, come
accennato, chiude la trilogia ispirata dal celebre romanzo di J.R.R. Tolkien Lo Hobbit iniziata nel 2012 con Un viaggio inaspettato e proseguita con La desolazione di Smaug nel 2013. Una trilogia che Jackson ha girato in un
colpo solo, con qualche aggiustamento successivo, per poi dividerla appunto in
episodi. «Visto il set imponente e il cast stellare che avevo a disposizione –
ha dichiarato – ne ho approfittato per filmare dall’inizio alla fine la storia
completa. Sono riuscito così a immergermi totalmente nei mondi incantati di
Tolkien e, al tempo stesso, tagliare i costi di produzione. La crisi “morde”
anche nell’ambiente del cinema».
La resa dei
conti
Il terzo capitolo
della saga ci fa ritrovare Bilbo Baggins e la compagnia dei tredici nani
guidati da
Thorin
Scudodiquercia che
si sono riappropriati della loro patria. L’impresa, però, ha scatenato
il drago Smaug, il quale, uscito dalla montagna,
abbatte la sua furia devastante sulla gente indifesa di Pontelagolungo.
Intanto, Gandalf il Grigio è stato imprigionato da Sauron il Negromante, nella fortezza di Dol Guldur. Qui, tra
le sue mura, si sta radunando il temibile esercito degli orchi capitanati dal
gigantesco e crudele Azog
il Profanatore,
pronto a muoversi verso la Montagna Solitaria.
È lo stesso luogo
in cui si stanno dirigendo gli Elfi Silvani di Bosco Altro, decisi a impossessarsi del tesoro di
Erebor, su cui però vogliono mettere le mani anche gli Uomini del Lago. È dunque là, ai piedi della Montagna
Solitaria, che si stanno concentrando tutti i contendenti. È tempo di fare
alleanze e scelte definitive: il destino della Terra di Mezzo dipende
dall’epico scontro dei cinque
eserciti che si
profila all’orizzonte. E Bilbo dovrà combattere per la sua vita e quella dei
suoi amici.
«Non volevo
girarlo»
Una trama
complessa, ancor più se vista nell’arco dei tre film, che tuttavia non ha
spaventato Peter Jackson, già reduce felicemente da un’altra trilogia, quella
de
Il Signore degli
Anelli (spalmata tra
il 2001 e il 2003), che le ha dato notorietà, 17 Oscar e portato nelle casse
complessivamente oltre
tre
miliardi di dollari.
«
Lo Hobbit è un progetto che volevo realizzare
almeno da vent’anni – confida – , ancor prima de
Il Signore degli Anelli. È stata un’esperienza difficile e meravigliosa, ma
la rifarei mille volte. Sul set, tutto è filato liscio e mi sono divertito
tantissimo. Ho vissuto una favola».
Se all’uscita del
primo film, qualcuno aveva criticato la lentezza della parte iniziale della
storia, con il secondo ogni dubbio è stato fugato e ora per il terzo la febbre
per vederlo è decisamente alta. «Non m’importa molto dell’opinione dei critici
– dichiara il regista – . M’interessa far emozionare e sorridere il pubblico, e portare sulla pellicola i libri che mi
hanno fatto sognare da ragazzo».
Pensare che
all’inizio Peter Jackson non aveva intenzione di dirigere la trilogia, ma solo
di produrla. «È vero – commenta – , volevo lasciare la macchina da presa a un
altro regista. Mi piaceva l’idea di confrontarmi con una visione dell’opera
diversa dalla mia. Ma poi sono stato fulminato da questi nuovi personaggi e da
questi nani assolutamente strani che, insieme a Bilbo, sono
il cuore del film. Dare loro una propria personalità è
stato fantastico».
È come una fiaba
Il cast,
ovviamente, è sempre lo stesso, con il bravo
Martin Freeman nei panni di Bilbo. «La cosa curiosa – ricorda
l’attore inglese – è che per ottenere questo ruolo non ho fatto alcun provino:
Peter Jackson ha subito pensato a me e, senza falsa modestia, credo di essere
uno dei pochi capace di interpretare Bilbo alla perfezione».
Anche Orlando Bloom, l’intrepido Legolas, conserva dei bei
ricordi delle riprese: «Per me, che avevo già girato la trilogia de Il Signore degli Anelli, è stato come tornare in famiglia. Ho
dovuto allenarmi di nuovo al tiro con l’arco, con la spada e andare a cavallo…
Mi sono ripreso il personaggio, con qualche variante».
Se qualcuno ha
pensato a una replica della precedente saga, oggi ha dovuto ricredersi. «È
chiaro che ci sono dei punti di contatto tra le due trilogie – precisa Jackson
– , ma stavolta ho raccontato un’altra storia e in modo diverso. Il Signore degli Anelli aveva un impianto più elementare, il
bene e il male erano subito distinguibili. Lo Hobbit, invece, ha una struttura più articolata e fiabesca: ci sono i tredici nani, bisogna cacciare un drago,
trovare un tesoro…».
Girato in 3D a 48
fotogrammi al secondo, al posto del tradizionale 24,
Lo Hobbit - La battaglia delle cinque
armate garantisce al
pubblico un’esperienza visiva totale, quasi si trovasse al centro dell’azione.
«Ho sempre sfruttato al massimo la tecnologia – dichiara Jackson – . La
luminosità del 3D è insuperabile e la risoluzione delle macchine da presa
migliora di giorno in giorno. Il pubblico merita
la miglior visione possibile nelle sale». Insomma, meglio non si poteva
chiedere per entrare nel fantasioso mondo abitato da gnomi, elfi, orchi, draghi
e creature fantastiche.
©Mondo Erre - Claudio Facchetti