In un mondo in cui
sembra contare l’apparenza e il look, c’è anche chi, per fortuna, non gli dà
troppa importanza. Tra questi, s’iscrive alla grande
Meghan Trainor, 20 anni, lunghi capelli biondi, occhi
chiari e… qualche chilo di troppo che accetta senza problemi. Anzi, ha pensato
bene di scriverci sopra persino una canzone,
All about that bass, diventata un tormentone mondiale, Italia compresa,
che veicola un messaggio chiaro e semplice: essere sovrappeso non dovrebbe
essere un
problema per nessuno.
Adesso, sull’onda
del singolo, Meghan ha lanciato prima un Ep, Title, che ha scalato le chart, ma è già pronto il cd vero
e proprio dallo stesso titolo, in uscita questo mese. Mondoerre l’ha incontrata a Milano durante un sua visita
promozionale.
L'intervista
In All about
that bass canti “sono qui per dirti che ogni centimetro di te è
perfetto, dai piedi alla testa”.
Ognuno di noi deve
sentirsi a proprio agio nella sua pelle, sia chi è magro sia chi è sovrappeso.
Dobbiamo amare il corpo con cui siamo nati e rispettarlo, ma come dico sempre
ci dobbiamo anche divertire: non prendiamo troppo sul serio le nostre forme,
ognuno è come è.
Non senti il
peso, a soli 20 anni, dell’esserti fatta portavoce di un messaggio tanto
importante?
È vero, ma non
sento una responsabilità particolare perché io sono sempre la stessa. Non c’è
uno scollamento tra quella che sono tutti i giorni e la persona che scrive
canzoni e canta, lanciando dei messaggi. Quello che canto è quello che penso.
Sei sempre
stata così sicura di te?
No, non lo ero
quando ho scritto
All
about that bass. Ero
consapevole di non essere fisicamente un’acciuga. Ho sempre sognato di
diventare una star ma pensavo di non averne l’aspetto. Poi ho scritto questa
canzone e ho visto la
reazione della gente nell’ascoltarla e nel guardare il
video: allora ho acquistato coraggio in me stessa.
Dicono che tu
sia femminista…
Ho iniziato
giovanissima a scrivere e produrre canzoni; a 18 anni ho firmato il mio primo
contratto discografico. Quando mi chiedevano se fossi femminista rispondevo di
no perchè ero troppo giovane e avevo paura ad accostarmi a una parola tanto
importante. Oggi posso dire di esserlo: sto dalla parte delle ragazze che
vogliono sentirsi forti e che sono consapevoli di quanto valgano.
Hai un tuo
motto personale?
Sì, ce l’ho. È “àmati”.
Ogni tanto però va rivisto e corretto in “àmati di più”. Faccio un esempio: vai
a scuola e non ti piaci. Anch’io facevo così quando frequentavo l’high school.
Non sono mai stata vittima di episodi di bullismo, ma passavo ore a sistemarmi
per mostrarmi al meglio. Guardando indietro, avrei voluto essermi amata di più.
I tuoi
genitori come vedono la tua carriera?
Mi sono sempre
stati vicini e mi hanno incoraggiato a inseguire il mio sogno.
Quando ho
firmato il primo contratto sono stati molto contenti. Del resto, mio padre mi
ha fatta crescere con la musica: in casa si sentiva di tutto, anche brani
caraibici. Ai tempi della scuola avevo un gruppo jazz e ho cantato anche brani
soca (musica originaria dei Caraibi, nda). Non a livello professionale, ma per divertirmi.
Quali aspetti
negativi possono esserci per una ragazza che entra nel mondo della musica alla
tua età, o più giovane ancora?
Non vedo grandi
rischi o problemi, io sono qui a dimostrarlo. E quando qualcuno osserva che
prima o poi dimagrirò, dico che ieri ho mangiato della pasta, non sono a dieta
e non voglio cambiare.
A breve
uscirà il tuo album che, come l’ep che l’ha preceduto, si intitola Title, che significa appunto “titolo”.
È il titolo più
furbo che mi sia venuto in mente! Però vi preannuncio che il cd è bellissimo e mi
piace un sacco. Non ero entusiasta all’idea di dover fare un ep: volevo
concentrarmi sull’album e lavorare solo su quello. Alla fine ho scelto di
chiamarli entrambi Title.
Come
descriveresti il disco?
Ho voluto che suonasse
moderno, per incuriosire chi lo ascolta di brano in brano. I testi sono molto
diretti: io scrivo come parlo. E sono stata molto sincera.
© Francesca Binfarè-Mondo Erre