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Genitori bestiali

Basta un semplice belato per non perderlo di vista. Mamma capra non sbaglia mai nel riconoscere il suo cucciolo. Ha una voce inconfondibile. Come dire: non c’e un “beeeee” uguale all’altro. A differenza di tanti animali, la tenera ed attenta mamma è capace di scovare le proprie creature anche dopo molto tempo dalla separazione. Addirittura più di un anno.

Lo ha svelato una recente ricerca inglese: le capre hanno una straordinaria capacità di individuare la voce dei propri figli, riuscendo a distinguerli dagli specifici toni dei loro belati. Persino 12, 13 mesi dopo l’allontanamento. Così, anche se separati per un lungo periodo, questi animali restano in grado di rintracciare i pargoli, magari finiti in altri branchi. Il richiamo dei figlioli è davvero inconfondibile.

Ritrovare nonni e genitori

Alla domanda se gli animali sono davvero in grado di riconoscere i parenti, gli studiosi non hanno ancora dato una risposta certa. Hanno osservato ad esempio le colonie di gatti selvatici, in cui sono le nonne e le madri a dedicarsi alla crescitagat dei cuccioli, mentre i maschi non se ne occupano affatto. Una volta che i cuccioli lasciano il gruppo d’origine, sembra che, pur non riconoscendo più madre e nonna come tali, in realtà riuscirebbero a riconoscerle come “familiari”.

Un fatto che sarebbe possibile attraverso particolari odori, che percepirebbero sin da piccoli e che permetterebbero loro, nel tempo, di fare confronti e ritrovare i punti di riferimento dei primi mesi di vita. In questo modo, secondo gli studiosi, i gatti potrebbero fare ancora di più: annusando, riuscirebbero a trovare persino altri componenti della loro stirpe, anche se non cresciuti insieme. Come cugini o fratelli. 

Nello stesso modo, si fa guidare dall’olfatto il citello di Belding, conosciuto anche come scoiattolo di terra europeo, piccolo roditore che vive nelle steppe dell’est europeo, 20 centimetri di lunghezza per un paio di etti di peso. Quest’animaletto, agile nella corsa e nel salto, riesce, grazie ad un sofisticato nasino, a percepire l’odore dei suoi parenti dopo la lunga separazione dei mesi di letargo invernale.

Una capacità particolarmente efficace, che permette di proteggersi dai predatori. Infatti, ritrovandosi, questi roditori formano un bel gruppetto per andare insieme alla ricerca di cibo, semi, frutta e radici, spostandosi anche ad una certa distanza dal rifugio. E, di sicuro, con una maggiore tranquillità.


Basta un fischio

Nonostante molti animali si affidino all’olfatto, per riconoscere i genitori risultano comunque molto importanti i suoni, così come la vista: molte volte, basta uno sguardo per ritrovarsi. I delfini tursiopi ricordano i fischi specifici dei componenti della loro famiglia anche dopo 20 anni di distacco. E pensare che vivono in gruppi spesso numerosi, dai 10 ai 100 esemplari: eppure l’abilità dell’udito è tale che non possono sbagliare. I gatti domestici sono invece bravissimi nel distinguere la voce del loro padrone da quella di tutti gli altri esseri umani. 

Trovare i figli in mezzo ad una grande folla potrebbe essere un’impresa discretamente complicata, eppure per le otarie non ci sono possibilità d’errore. Questi grandi mammiferi vanno spesso alla ricerca di cibo in acqua, allontanandosi dai cuccioli che allevano sulla spiaggia. Li lasciano così sulla terraferma sin dai gatprimissimi giorni di vita ma, al ritorno, sono sempre in grado di ritrovarli.

Madri e figli, infatti, usano soprattutto la “voce” per riunirsi in mezzo alle diverse centinaia di foche sulla battigia; in più, se non bastasse il riconoscimento sonoro, man mano che si avvicinano si ritrovano grazie all’odore. Lo ha rivelato un recente esperimento svolto nell’Oceano Indiano: i ricercatori hanno fatto ascoltare a 30 cuccioli di otaria orsina antartica segnali che “mimavano” il richiamo materno, osservando che questi già a 64 metri di distanza iniziavano a cogliere la presenza della madre. Ad 8 metri, poi, non avevano alcun dubbio sulla sua vicinanza. 

Ogni rimedio è buono per non perdere di vista i figlioli. Uno estremamente valido lo ha trovato la comunità del lemure, chiamato “adoratore del sole” perché ama crogiolarsi appunto sotto i raggi del sole. Questo primate dai grandi occhioni rotondi vive in branchi nelle foreste del Madagascar: la coda sgargiante gli serve per individuare subito i suoi simili nel fitto della foresta.

Le femmine sono molto premurose e, per questo, portano con sé sempre il piccolo, attaccato saldamente alla loro schiena. Quando una di esse deve allontanarsi per andare a cercare qualcosa da mangiare, scattano le cure delle altre mamme più esperte del gruppo, che tengono sotto sorveglianza il pargolo con lo sguardo. 

Coccole e protezione

Tra tutte le madri del mondo animale, la femmina del leopardo delle nevi è forse una delle più protettive. Ridotti a una popolazione di 4, 6 mila esemplari, questi felini vivono nelle zone remote, difficili da raggiungere, delle montagne di Bhutan, Cina, India, Mongolia e Nepal, ad altitudini che vanno dai 3000 fino ad oltre 5000 metri.

Le mamme preparano per i neonati una calda tana, tra le rocce o nei crepacci, foderata con i peli del loro mantello. Quindi, non appena nati, ciechi ma già ricoperti da una fitta pelliccia, li proteggono con le zampe, avvolgendoli in un caldo abbraccio. I piccolini aprono gli occhi dopo circa sette giorni, riescono a camminare verso le cinque settimane, ma lasciano la tana a 2, 4 mesi di vita. Rimangono comunque sotto lo sguardo vigile e la costante protezione della madre fino a quando non sono pienamente indipendenti, a circa due anni d’età. Quindi, arriva il momento del distacco: possono allontanarsi anche di molto, percorrendo lungherin distanze in cerca di nuovi terreni di caccia. 

Attenzioni amorevoli anche per i pargoli di rinoceronte bianco. E preziosi consigli. Le loro mamme li istruiscono con cura su come salvarsi dalla calura africana: ovvero a rotolarsi nei pantani, abitudine che permette di abbassare la temperatura corporea ed allo stesso tempo eliminare i fastidiosi parassiti che si annidano sulla loro pelle. Nonostante il nome, infatti, la colorazione di questi bestioni, che vivono prevalentemente in Sudafrica e raggiungono in media i 2900 chili di peso, non è bianca ma grigia. In buona parte, una conseguenza dei continui bagni di fango. Quanto mai “salutari”.

Mammoni a dir poco

Il record di attaccamento alla mamma spetta all’orango del Borneo: i cuccioli di questa specie, che manifestano il loro affetto alla madre con sonori e frequenti baci, non hanno alcuna fretta di crescere e, di solito, rimangono nella cerchia domestica orfino ad oltre 6 anni. Quelli particolarmente pigri anche di più.

Altri veri coccoloni i pargoli di scimpanzé, accuditi e sorvegliati dalle femmine, che non solo li nutrono e li proteggono, ma insegnano loro le regole di comportamento da utilizzare poi nella vita adulta. I piccoli sono completamente dipendenti dalla madre fino ai 3, 4 anni di vita, ed anche dopo continuano a rimanere sotto la sua ala protettiva. Si tratta di un legame che probabilmente durerà per tutta la vita: spesso gli esemplari maschi cercano una sorta di “sostegno” della madre anche quando sono diventati i capi del loro gruppo.

Per il bradipo tridattilo, il mammifero più lento del pianeta, nessun problema invece a trovare casa. A rimediargli una sistemazione ci pensa sicuramente la mamma: quando il piccolo ha circa sei mesi, la genitrice si trasferisce su un nuovo albero, lasciando a disposizione del figlio quello su cui abitavano insieme. Così il giovane esemplare può iniziare ad affrontare la vita. Anche se, ancora per qualche tempo, la premurosa mammina continua a buttare un occhio.

© Gianna Boetti - Mondo Erre
 
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