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...con Carlo Conti

Il robot di Valeria

Valeria Cagnina ha solo 15 anni, ma è già un’esperta di robotica e intelligenza artificiale. Con le sue mani ha costruito un robot sorprendente, poi ha vinto una serie di gare di robotica che l’hanno segnalata al mitico Mit di Boston. Si diverte a scrivere codici informatici, sta lanciando una startup per aiutare i bambini autistici a socializzare.

Valeria è una biondina con le idee chiare, la voce allegra e la risposta prontava. Frequenta l’istituto tecnico Volta di Alessandria, dove studia per diventare perito informatico. Il suo motto è: sperimenta, impara, costruisci. Viene da un paesino della provincia piemontese, San Michele. A 11 anni si è imbattuta in Arduino, una scheda elettronica associata a un software per creare piccoli dispositivi intelligenti. E così, notte dopo notte, ha realizzato un robot con due motori, le ruote e un sensore che gli permette di evitare  gli ostacoli.

Adesso la ragazza bussa alle porte del Mit, il laboratorio dei suoi sogni. Ma intanto il proprio Paese l’ha già servito al meglio delle sue capacità: è stata la più giovane dei “Digital champion”, gruppi di persone selezionate per aiutare le amministrazioni a digitalizzarsi. «In futuro – sostiene la ragazza − tutti dovranno saper programmare, come sono in grado di guidare l’auto». L’intelligenza artificiale fa bene o male all’uomo? «Se guidata bene, la rivoluzione tecnologica oggi agli albori non tende a sostituire il lavoro umano ma ad assisterlo». Il problema è tutto in quell’inciso: «se guidata bene».

La qualità dell’amicizia

Nell’epoca dei social network, è impossibile avere tanti amici. Lo spiega una ricerca dell’università inglese di Oxford: «Il nostro cervello è in grado di gestire limitati rapporti sociali. Anche su Facebook c’è spazio solo per pochi intimi». E qui bisogna intendersi sulla parola “amico”.

amCi aiutano gli stessi ricercatori con tre numeri: 5, le persone sulle quali possiamo davvero contare nella buona e nella cattiva sorte; 150, quelle che sentiamo emotivamente vicine (magari perché facciamo il tifo per la stessa squadra); 500, quelle con le quali scambiamo due chiacchiere incontrandole per strada. I numeri suggeriti, ovviamente, rappresentano un traguardo ideale. Ma può bastare anche un amico solo, vero. Certo, è meglio di mille conoscenti.

E i collezionisti di “like” e “followers”? Quando si hanno molte relazioni sui social network, il coinvolgimento emotivo è molto basso. E più aumentano le adesioni, più la qualità dell’amicizia è destinata a scadere. Sembra che le amicizie, anche quelle più durature, non superino lo scoglio della comunicazione non verbale: le sfumature si perdono nella sintesi di una email o di un post. Nessuna amicizia può evitare di trasformarsi in semplice conoscenza senza un faccia a faccia periodico. C’è qualcosa di cruciale nel guardarsi negli occhi, senza il quale un rapporto non può resistere al passare del tempo.

CARLO CONTI RISPONDE

Ho letto che anche il buio non è più quello di una volta: le costellazioni sbiadiscono, non si vedono le stelle, il nero della notte è opaco. Manco a dirlo, tutto questo significa inquinamento luminoso. E, ovviamente, noi con la Corea del Sud, siamo fra i Paesi più colpiti. Sul futuro incombe una minaccia misteriosa che si chiama luminanza. Ma non si sta esagerando?
Marco S. (Torino)
C’è una certezza: l’80% dell’umanità vive sotto cieli inquinati dalla luce. È un inquinamento silenzioso e pervasivo. Forse è senza conseguenze, ma spreca energie e risorse. La luminanza non è un mistero, bensì la quantità di luce emessa da una sorgente luminosa che raggiunge il nostro occhio. Viene espressa in candele al metro quadrato (cd/m2) e l’unità di misura è il nit, che deriva dal latino “nitere” (brillare).


©Mondo Erre - Carlo Conti 


 
 
 
 
 
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©AGOSTINO LONGO
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