L’amicizia nella Rete
Si fa un gran parlare di amicizia nell’era di Internet. La domanda è: si possono costruire relazioni forti al computer? Circolano ricerche che associano la frequentazione di Facebook con il cattivo rendimento scolastico e altre che sostengono esattamente il contrario.
Consigli e avvertimenti sulla fine dell’amicizia risuonano dai media con una frequenza sempre più pressante. Serenamente ignorati dalla moltitudine crescente dei ragazzi ”navigatori”.

Del resto, per secoli milioni di persone hanno costruito legami attraverso le lettere, senza incontrarsi mai o facendolo dopo molto tempo. In realtà, non si conoscono innovazioni epocali di costume che non abbiano suscitato un po’ d’indignazione e molta ansia. Facebook ha creato un nuovo tipo di rapporti umani: virtuali, invisibili, fluidi. Ha sostituito “le cose da fare” insieme agli altri con le “cose da raccontare” agli altri. Ma la selezione tra amici veri e amici di penna, avviene naturalmente.
Mi sembra quindi inutile strapparsi i capelli, anche perché i legami nati su Internet non sono esclusivi, coesistono con altri più solidi, come si deduce anche dal nostro sondaggio nelle pagine 8 e 9 di questo numero. E non soppianteranno mai la voglia di stringere la mano a un amico vero o di abbracciare una persona cara.
Due scuole: al Nord e al Sud
Nascere al Sud penalizza gli studenti italiani. L’ha accertato
la Fondazione Agnelli, un istituto di ricerca nel campo delle scienze sociali fondato nel
1966 a Torino. Era una realtà nota, adesso però è anche quantificata nei dettagli: uno studente del Meridione ha un anno e mezzo di ritardo nella preparazione rispetto a un suo coetaneo del Nord.
Un quindicenne su tre che ogni giorno entra nelle aule dalla Campania alla Calabria, isole comprese, non raggiunge la soglia minima delle

conoscenze definita a livello internazionale.
Le differenze sono sociali, tecnologiche, territoriali. La famiglia di provenienza, la scuola di riferimento, il suolo in cui si nasce determinano tutto. E cioè il futuro di un ragazzo, la sua possibilità di entrare nel mondo del lavoro. A disuguaglianze antiche e mai superate, che portano i figli delle classi abbienti a scegliere i licei e poi l’università, mentre gli altri restano “confinati” negli istituti professionali, si aggiungono divari nuovi.
Quello tecnologico, per esempio: soltanto il 50% degli studenti italiani utilizza il computer a scuola (contro oltre il 60% della media europea) con una differenza territoriale che segnala un computer ogni 5 studenti nella provincia di Bolzano e uno ogni 27 da Napoli in giù. Adesso arriva la riforma. Ma che cosa si fa per colmare l’abisso scolastico che separa in maniera vergognosa le “due Italie”?
A CONTI FATTI
Studenti socialmente utili
Ho letto che in Liguria gli studenti ritardatari vengono mandati a sgobbare nelle cucine della Caritas e quelli indisciplinati, oltre che pulire i muri e i giardini della scuola, devono aiutare a studiare i bambini ricoverati al Gaslini. Non so come giudicare questa novità. Tu che cosa ne pensi? Grazie.
Alfredo R., Cuneo
Caro Alfredo,
non è una novità e non è neppure ligure. Già nel 2004, cinque allievi del liceo Parini di Milano che avevano allagato la scuola per evitare il compito in classe, vennero condannati a un anno di servizi utili. E nel 2008, 10 studenti indisciplinati dell’Ipsia di Monza furono sospesi dal preside, ma costretti a pulire bagni, uffici e palestra.
Forse la Liguria è all’avanguardia con questi provvedimenti: all’istituto Rosselli i ragazzi che meritano una punizione sono costretti a seguire un corso di formazione presso la Croce Rossa, al liceo King vengono mandati in sostegno allo studio dei bambini malati, all’istituto d’arte di Chiavari due ragazze “problematiche” hanno assistito per un mese in una casa di riposo, eccetera.
Tutte iniziative lodevoli, che però vanno spiegate. Altrimenti, se vissute come semplice punizione, rischiano di generare nei ragazzi sentimenti di rancore verso lo stesso mondo del volontariato e dei bisognosi.
©Mondo Erre - Carlo Conti