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MITI & DIVI DI IERI E DI OGGI

DALL'ANTICHITA' AI GIORNI NOSTRI: SEI UN MITO

Sei un mito, sei un mito per me, sono anni che ti vedo così irraggiungibile... Quando gli 883, qualche anno fa, incisero queste parole sull’accattivante melodia pop di Sei un mito, forse non pensavano che avrebbero contribuito a diffondere definitivamente un modo di dire già popolare.

Certo, Max Pezzali, autore del brano e leader del gruppo, in quel caso si riferiva a una ragazza bellissima ai suoi occhi inarrivabile, e per questo "mitica". L’artista, però, confermava quel suo fiuto di leggere l’attualità e tradurla in note: l’aggettivo "mitico" si diffondeva nel linguaggio corrente, lui se ne appropriava e ci ricamava sopra una canzone.
pezzali

Oggi "mito" e "mitico" sono utilizzati con grande disinvoltura: un concerto, un personaggio, un gesto sportivo, un libro, una canzone, ecc. vengono etichettati con queste due parole per enfatizzarne la dimensione. L’idea è che, con queste espressioni, eventi o prodotti siano in qualche modo eccezionali, destinati a rimanere nel tempo, da ricordare per sempre.

È il medesimo obiettivo, dopo tutto, che si sono prefissati i narratori dell’antichità, coloro che hanno costruito il complesso e affascinante mondo della mitologia. D’altra parte, il termine "mito" deriva dalla lingua greca (significa "racconto") che, a sua volta, ha la radice nel verbo muo, ovvero "chiudere e aprire la bocca".
Per i Greci, il mito serviva a raccontare le avventure degli dèi e degli eroi e venivano "inventati" per rispondere alle domande più importanti dell’esistenza: l’origine dell’uomo, la natura del male, il mistero della morte, le ragioni della bellezza o della forza, e così via. Illustravano anche le regole e i valori della società, mischiando personaggi, oggetti e luoghi reali con significati simbolici o frutto della fantasia degli autori.

Il divo globalizzato

Il modello mitologico si rintraccia nella storia di tutti i popoli e, in qualche modo, si è mantenuto vivo fino ai giorni nostri, mutando semplicemente sembianze e globalizzandosi. Oggi le società trasformano alcuni personaggi in divi ("déi" secondo il significato della parola latina che la nostra ricalca) che, a ben vedere, non fanno altro che riattualizzare modi e metodi del lontano passato con altri mezzi. Un tempo, il mito veniva raccontato oralmente, adesso è diffuso attraverso il tam tam dei mass media, pronto a imporsi in ogni angolo del mondo.

Sono stati proprio i mezzi di comunicazione di massa ad imprimere una forte accelerazione alla produzione di miti in formato "globalizzato". Prima i giornali e la radio, poi il cinema e la tv fino all’arrivo di internet. Ognuno ha svolto, e svolge, la sua parte nell’alimentare il desiderio del pubblico di ammirare un "eroe" in cui identificarsi. Eroi che devono apparire di solito speciali perché belli, capaci di eccezionali prestazioni, irraggiungibili, anche tormentati e infelici, proprio come gli déi e i personaggi della mitologia.

Nella nostra società, a recitare questi ruoli, sono i campioni dello sport, i cantanti, gli attori, i divi della tv. Alcuni di costoro, toccati prematuramente dalla morte e quindi posti al di fuori del tempo, sono per questo diventati mitici. Alcuni nomi per tutti: Marylin Monroe, James Dean, Ernesto "Che" Guevara, John Lennon, Airton Senna, Kurt Cobain. Altri sono sopravvissuti con dignità alla popolarità, qualcuno è crollato sotto i riflettori della scena, altri ancora sono passati sulla ribalta con la velocità di una meteora.

Miti usa e getta

Il fatto è che, ormai da alcuni anni, la maggior parte dei miti si fabbrica su scala industriale, pianificati da precise strategie di marketing pubblicitario. "Nascono come un qualsiasi altro prodotto", afferma Alessandro Amadori, specializzato in ricerche motivazionali. "E hanno un ciclo di vita breve: sono miti usa e getta. Molte volte un film o una canzone vengono progettati sulla base di ricerche di mercato circa i desideri del pubblico. Le persone adatte per ciascuna parte si trovano dopo. Le Spice Girls, per esempio, sono state costruite così".

Insomma, i miti tornano dall’antichità nascosti sotto le più svariate forme, si rifanno il trucco ed entrano prepotentemente nel quotidiano. Il dribbling di Ronaldo, il fisico di Jessica Alba, la canzone dei Tokio Hotel sono lo specchio della forza, della bellezza, dell’abilità. Influenzano, ieri come oggi, i comportamenti della gente e rinnovano l’idea alla base del divismo: creare personaggi in cui, come nel mito, si riconoscano tutti. Il legame tra presente e passato è più saldo che mai. Lo raccontiamo, attraverso alcuni esempi, in questo inserto.

DALLE VELINE A VENERE: BELLI A QUALUNQUE COSTO

Le cifre non lasciano spazio al dubbio: 33 milioni di ragazzi e ragazze in America hanno speso nel 2003 circa 20 miliardi di dollari in prodotti di bellezza e benessere. E anche i coetanei italiani sembrano confermare questa tendenza. Nel 2003, nel nostro Paese, le linee cosmetiche hanno generato un giro d’affari pari a 350 milioni di euro, con una crescita delle vendite del 6,4% rispetto ai 12 mesi precedenti. A questi numeri, si deve aggiungere il boom del fitness: le palestre registrano il boom di iscritti e, per mantenere la forma, offrono i corsi più diversi (spinning, step e via sudando). Non mancano, ovviamente, i consigli per un’alimentazione sana e controllata, e l’indicazione di una buona beauty farm per i ritocchi estetici.

Alla base c’è un solo comandamento: essere belli come Venere o Apollo. Del resto, il messaggio dominante del nostro tempo, ben veicolato dai mass media, è quello di piacere agli altri e a se stessi. Lo ricordano ogni giorno gli spot e gli spazi pubblicitari in tv e sui giornali dedicati ai prodotti di bellezza, il look di attrici, attori, cantanti, ecc. Queste star sembrano avere tutte una cosa in comune: sono curatissime, bellissime, sanissime. La loro vita appare priva di problemi (anche se non è mai così) e godono di privilegi che si vorrebbero catturare, a qualsiasi costo. Poco importa se valgono poco o nulla dal punto di vista artistico e umano.

veli
Di fronte a questi modelli di bellezza scatta il desiderio di emulazione. Si spiega così il risultato di un recente sondaggio, secondo cui la maggior parte delle ragazze e dei ragazzi sognano di diventare Veline, show girl o modelle oppure calciatori o stelle del rock. Per arrivarci sono disposti a qualsiasi sacrificio che non affronterebbero minimamente quando si tratta di una professione meno in vista.

Il modello di riferimento resta quello delle Veline e compagnia… bella. La ricerca spasmodica della forma perfetta, però, sovente sfocia nel dramma. Sono in forte aumento, e non per nulla, i casi di anoressia e bulimia, derivati dalla delusione di non essere abbastanza piacevoli. E problemi altrettanto gravi nascono dall’uso disinvolto di integratori, polverine varie e sostanze sospette che circolano nelle palestre per tonificare e gonfiare velocemente i muscoli.

Crescono anche i disagi di coloro che rientrano nella schiera delle persone "normali", le quali pensano di essere brutte o grasse, e di conseguenza si sentono inadeguati ed emarginati. Si sono fatte l’idea di non trovare posto in questa società del benessere assoluto, anche se hanno in dotazione altri talenti e valori decisamente più importanti.

La cura di se stessi è certamente rilevante, ma va inquadrata nella giusta proporzione, senza esagerazioni. Stare bene non vuol dire avere necessariamente un fisico da top model o bicipiti palestrati, ma vivere in armonia con se stessi. Il "fisico" aiuta ad essere felici e a piacere agli altri. Ma serve a poco se è soltanto "carrozzeria" ed è privo del "motore" interiore.

Venere, la prima Miss Universo

Un limpido mare azzurro, la schiuma bianca che scaturisce da un’onda, una conchiglia che scivola su quella spuma come un surf e sopra di essa una splendida donna dai capelli dorati. Non è l’ultimo spot che reclamizza un prodotto di bellezza, ma la descrizione dello scenario in cui è nata Venere. Aveva ancora poggiato i piedi sulla sabbia nei pressi dell’isola di Cipro, che arrivava un carro d’alabastro tirato da candide colombe a prelevarla: destinazione l’Olimpo.

Nella dimora degli déi, l’arrivo della giovane non passa inosservato. Riuniti nella sala del concilio per discutere di gravi problemi, la sua apparizione fa ammutolire i presenti. Conquistati dal suo fulgore e dalla sua grazia, dopo qualche minuto di silenzio, scoppiano in un applauso di ammirazione. Alle ovazioni non partecipano Giunone e Minerva, invidiose da morire.

A complicare la loro vita ci si mette anche la dea Discordia. Un giorno, mentre gli déi stanno ascoltando Apollo che suona la cetra, la perfida getta di nascosto sul tavolo una mela d’oro con su scritto: "Alla più bella". La competizione scatta tra le tre dee: a chi spettava quel frutto? Giove ordina che la contesa sia risolta da un arbitro imparziale, Paride, un giovane pastore del monte Ida che ignora di essere figlio di Priamo, re di Troia. Costui, dopo lungo pensare, consegna la mela a Venere. È la prima "Miss Universo" della storia, o meglio della leggenda . Da allora, la regina della bellezza, diventa un punto di riferimento per le future aspiranti alla sua corona.

DALLE LOTTERIE A MIDA: IL SOGNO DELLA RICCHEZZA

"I soldi non fanno la felicità". Lo dicono tutti, ma pochi ci credono. Perché aggiungono, almeno nel pensiero, "…però aiutano". Così è sempre stato, fin dagli antichi Greci che trovavano la ricchezza nel giardino delle Esperidi, dove crescevano mele d’oro. Oggi i luoghi ideali, dove raccogliere quei frutti dalle meno poetiche sembianze di banconote e monete, si chiamano casinò, sale bingo, ricevitorie, lotterie, giochini televisivi…. Ed è quanto dicono i numeri degli aspiranti milionari che le frequentano.

gioco
Negli ultimi anni, si è aggiunto anche Internet ad offrire facili illusioni con più di mille casinò on line. Questi siti virtuali sono "frequentati" da milioni di persone che determinano un giro di affari di 3 miliardi di dollari all’anno. Solo in Italia sono circa 40 miliardi gli euro spesi annualmente per conquistare la fortuna. Le cifre diventano ancora più astronomiche se si aggiungono coloro che operano sul mercato finanziario e "giocano" in Borsa.

In fondo a tutti c’è una sola idea, alimentata dal mito della ricchezza facile: un colpo di fortuna può cambiare la vita. Il "colpo" che riusciva molto bene all’antico re Mida, il quale trasformava in oro tutto ciò che toccava.

Il guaio è che la vita cambia davvero. E non sempre in meglio. Normalmente coloro che si arricchiscono troppo facilmente entrano in un vortice pericoloso che trasforma i sogni dorati in pesanti drammi. O se non altro, diventano schiavi del gioco e del denaro stesso. Lo confermano le vicende di coloro che si sono visti risucchiare ingenti capitali dalle ingannevoli macchinette di video poker o sui tavoli verdi di un casinò. L’azzardo diventa lentamente patologia e trasforma in un inferno la vita dei giocatori e dei famigliari coinvolti. Per disintossicarsi dal virus di questo meccanismo diabolico bisogna rivolgersi ai centri specializzati. Almeno questa volta i soldi sono ben spesi…

Denaro facile

La "ricchezza facile" è una malattia tipica della nostra società che ha eletto il denaro a "valore" assoluto. In suo nome si comperano non solo le cose, ma anche il plus, quel di più che gli oggetti promettono e quasi mai mantengono: il prestigio, il potere, il fascino, la bellezza. Sono le eterne promesse delle sirene della pubblicità che incantano gli adulti e soprattutto i ragazzi. La maggior parte di essi non vive bene se non porta la felpa firmata, non ha il motorino dell’ultima generazione, il videofonino. Di tutto e di meglio, insomma.

Dimenticano che i "soldi facili" esistono solo in casi eccezionali. Normalmente ai genitori costano fatica, ore di lavoro, risparmi e sacrifici. Potrebbero capirlo "i rampolli" capricciosi a forza di "no", opportunamente motivati. Oppure quando vengono invitati a "guadagnarseli" come premio di qualche lavoretto casalingo. Quando andranno alla cassa a pagare una ricarica o la pizza avranno qualche idea più corretta sui soldi e sul loro valore.

Mida, il re …d’oro

Il sogno della ricchezza …a portata di mano è un sogno antico. I greci l’hanno "riassunto" nella leggenda di Mida, figlio della dea Cibele e del re Gordio. È il sovrano dei territori della Frigia, ricco sfondato e soprattutto avido. Un giorno si smarrisce nel suo giardino Sileno, l’obeso accompagnatore del dio Bacco. È ubriaco fradicio e non riesce a ritrovare la via di casa. Mida lo riconosce e lo ospita con onore nella sua reggia.

Per ricompensarlo di tanta cortesia nei confronti dell’amico, il dio invita il re di esprimere un desiderio. Il sovrano, mai sazio delle proprie ricchezze, non ha dubbi. Chiede che d’ora in poi diventi oro qualsiasi cosa lui tocchi. Il dio acconsente.

Mida è al settimo cielo. La sua felicità, però, dura poco, soltanto il tempo che arrivi l’ora di pranzo. Infatti, con sua grande meraviglia, anche il cibo si trasforma in oro, al suo tocco. Prezioso, ma poco …digeribile. Il re intuisce, allora, che la sua nuova capacità lo condannerà a morire di fame e di sete. Implora, perciò, Bacco perché lo liberi da quel magico potere.
Il dio lo accontenta imponendogli di tuffarsi nel fiume Pattolo: solo così il "tocco d’oro" sparirà. Così avviene. A guadagnarci (o a rimetterci) sarà il corso d’acqua che, da questo momento in poi, trasporterà pagliuzze d’oro. Proprio vero che, come dirà un proverbio successivo: "Chi troppo vuole, nulla stringe!".

DAI VOLONTARI A FILEMONE: LA CORSA ALLA SOLIDARIETA'

Un recente sondaggio condotto tra i ragazzi e i giovani, da 12 a 24 anni, sui "personaggi-mito" ha visto primeggiare Madre Teresa di Calcutta. Non, invece, un calciatore o una rock star, ma una donna piccola e semplice che ha dedicato la vita ai più poveri del mondo. È stato un risultato sorprendente che ha ribaltato il luogo comune dei ragazzi "vuoti" e superficiali, innamorati soltanto dei più ricchi, belli e fortunati.

madre teresa
L’exploit della suora santa, a conti fatti, ha una sua spiegazione. È il personaggio che in questi ultimi tempi ha interpretato in modo eroico il valore della "solidarietà" che piace tanto agli italiani. Nel 2003 19 milioni di loro hanno donato 1,1 miliardi di euro ad iniziative sociali.
I volontari, impegnati nel servizio per almeno 5 ore settimanali, sono circa 630 mila. Diventano molti di più quando accadono dei disastri, raggiungendo il numero complessivo di 3,7 milioni. Molti fanno parte di una delle 26 mila organizzazioni sparse sul territorio nazionale.

Un "esercito" che ha fatto della generosità la sua bandiera, orgoglioso di sventolarla in ogni angolo del mondo, anche dove si rischia la pelle, e che agisce sovente in silenzio. Un esercito sempre pronto a intervenire, 24 ore su 24. Vacanze comprese. Sono sempre più numerosi i giovani che scelgono le ferie di solidarietà e approfittano del tempo libero per aiutare i missionari impegnati nel Terzo Mondo, gli anziani soli nelle città, i progetti umanitari e di carattere ecologico. Si moltiplicano anche le famiglie che offrono ospitalità a tanti ragazzi sfortunati, come quelli colpiti dalle radiazioni nucleari di Chernobyl.

Proprio le famiglie sono il campo dove si sviluppa, con successo, il seme della generosità. In esse i ragazzi imparano ad aiutare gli altri incominciando a dare una mano ai genitori. E appena fuori casa, trovano mille occasioni per diventare solidali: con un amico in difficoltà, nelle iniziative del quartiere (raccolta ecologica, impegno in parrocchia, ecc.), nella scuola (aiutando i compagni più scarsi o coinvolgendoli, ad esempio, in una campagna di "adozioni a distanza").

È un modo concreto per accorgersi di quanti nel mondo non hanno la stessa fortuna di crescere sani e liberi, con grandi mezzi a disposizione. Una cifra per tutte: un ragazzo che vive in un Paese occidentale da solo consuma le risorse di 50 coetanei del Sud del Mondo. Ogni gesto di generosità nei confronti dei più poveri serve a ridurre, anzitutto, la colossale montagna di oltre tre miliardi di persone (la metà della popolazione mondiale) che sopravvive con un reddito inferiore ai 2 dollari e mezzo al giorno. E a formare un cuore solidale.

Filemone e Bauci, generosi come pochi

Da tempo, dalle parti dell’Olimpo, girano brutte voci sulla razza umana. Si mormora che gli uomini siano tutti meschini, egoisti, approfittatori. Il pettegolezzo arriva anche alle orecchie del sommo Giove. Il "grande capo", per scoprire se la diceria corrisponda al vero, chiede a Mercurio di fare un giro sulla Terra insieme a lui. Travestiti da mendicanti, scendono così nella Frigia (nel nord della Turchia, vicino all’attuale Instanbul).

Giunti verso sera a un villaggio, fingendosi stanchi e affamati, bussano alle porte delle case chiedendo ospitalità, ma ricevono solo rifiuti e insulti. Sfiduciati, si incamminano in aperta campagna, dove vedono una catapecchia debolmente illuminata. Bussano anche lì. Vengono accolti da una coppia di vecchi, Filemone e Bauci, che evidentemente se la passano male. Seppur poverissimi, dividono quel poco che hanno con i due ospiti.

Giove, commosso da tanta generosità e dal loro forte amore reciproco, si fa riconoscere dai due anziani e promette che esaudirà qualsiasi loro desiderio come ricompensa per la carità dimostrata. La coppia chiede una cosa: poter morire insieme perché nessuno dei due vuole rimanere, anche solo per un giorno, senza l’altro.

Il signore dell’Olimpo acconsente ma, intanto, trasforma la casa di Filemone e Bauci in un magnifico tempio, affidandone loro la custodia. Dopo molti anni, al momento della partenza per l’aldilà, Filemone viene trasformato in una quercia e Bauci in un tiglio, destinati a rimanere uno accanto all’altra per sempre, come avevano desiderato. In morte, come durante la vita.

DALLO SBALLO A BACCO: NEL SEGNO DEL DIVERTIMENTO

Fine giugno del 2004. Il preside del liceo scientifico Maiorana di Rho (Milano) è condannato a un anno e mezzo per aver tollerato l’uso e lo spaccio di stupefacenti all’interno del suo Istituto. Lui si difende affermando di essere all’oscuro di quanto avveniva. Strano che gli sia sfuggita la pratica dello spinello, se è vero, come dicono le cronache, che una zona dei servizi era praticamente adibita al fumo di canne e all’acquisto della materia prima per fabbricarsele. In passato, altro dato inquietante, era stato arrestato un ragazzo del medesimo liceo in possesso di 20 grammi di hascisc.

discoteca
Il caso del Maiorana non è un episodio isolato. In tante scuole, come in altri ambienti frequentati dai ragazzi (sale giochi, discoteche, ecc.), si sono verificati numerosi casi di teen ager che fanno uso di spinelli, di ecstasy e compagnia brutta. Da queste sostanze alle droghe pesanti il passaggio è inevitabile. Lo confermano i numeri, allarmanti. Il 77% di chi finisce in questo girone infernale sono ragazzi tra i 10 e i 17 anni e tutti hanno incominciato fumandosi una canna o ingoiando una pasticca allucinogena.

Altrettanto inquietanti sono le notizie dal fronte dell’alcol. Le statistiche registrano la tendenza di 8 ragazzi su 10 a bere vino, birra e perfino i superalcolici. Il 12% dei monitorati ammette di essersi sbronzato almeno una volta. Le motivazioni che spingono a provare l’ebbrezza della sbornia sono quasi sempre le stesse: la voglia di divertirsi, dare una scossa alla "noia" della vita, per imitazione degli altri…

Questi amici di Bacco… e tabacco ignorano, o fanno finta di ignorare, a quali gravi pericoli vanno incontro. Lo spinello produce stordimento, crea dipendenza psicologica, può portare disturbi alla vista e all’udito, perdita di memoria, e prepara il terreno all’assunzione di nuove sostanze. L’alcol scatena cerrosi epatiche, problemi di cuore, tumori. Sono effetti devastanti, che sconquassano la propria vita e quella di coloro che stanno accanto a chi segue semplicemente il mito del divertimento a tutti i costi e dello sballo esagerato.

Questa idea del divertimento senza controlli si insinua, con modi ed effetti diversi, anche nella terra dei video-giochi. Sono ormai tantissimi i ragazzi che smanettano il joy-pad per ore di fila, rinchiudendosi in un mondo virtuale. Si allontanano così dalla vita sociale, fatta di incontri con gli amici, partite al pallone, passeggiate, ecc. Senza contare il rischio di imbattersi in game dai contenuti violenti, che abituano ad accettare con leggerezza situazioni che dovrebbero per lo meno far chiudere loro gli occhi per il disagio che procurano.

Ma dietro alle diverse forme di divertimento, opera un’industria che, per incrementare il fatturato e catturare nuovi iscritti, non bada tanto ai valori né all’educazione. E i ragazzi, sovente indifesi, cadono nella loro rete. Come al solito, a vigilare dovrebbero esserci la famiglia e, in seconda battuta, la scuola, troppe volte assenti. Non senza colpa.

Bacco, sponsor del vino

Anche gli dei amavano divertirsi con l’unica "droga" del tempo: il vino. Primo fra tutti, Bacco, nato dalla relazione tra Giove e Semele (figlia di Cadmo, re di Tebe). La sua nascita viene ostacolata perfidamente da Giunone, moglie gelosa del re dell’Olimpo. Quest’ultima suggerisce a Semele di chiedere a Giove di comparirle in tutto il suo fulgore, sapendo che la vista del dio nel suo aspetto glorioso, ricoperto di fiamme, avrebbe arsa la rivale. Così avviene. Ma Giove, scoperto il bimbo nato prematuro, lo cuce nella sua coscia per darlo poi alla luce e affidarlo alle Ninfe del monte Nisa.

Tra la natura selvaggia del monte, ha per compagni di giochi le Ore e i Satiri e tutto gli viene permesso: rincorrere cerbiatti, arrampicarsi sugli alberi, cercare miele fresco. Un giorno, raccolti alcuni grappoli della vite che ricoprono la grotta in cui abita, prova a estrarne il succo. Assaggiatolo, scopre la bontà del vino. Decide allora di far conoscere la bevanda a tutti gli uomini e intraprende un lungo viaggio per il mondo, accompagnato da una folta schiera di allegri e chiassosi amici composta da Ninfe e Fauni.
Il festoso corteo attraversa così regioni immense, superando ostacoli e pericoli, accolto benevolmente dai popoli che scoprono il mistero del "nettare" e della sua coltivazione, diventando così le prime vittime di quel dolce inganno. La loro lista continua ad essere ingloriosamente aggiornata anche nel nostro tempo.

DA ROSSI A MERCURIO: SEMPRE DI CORSA

A qualcuno manca sempre il tempo e vorrebbe che la giornata durasse 48 ore, tanto è super-impegnato. Al contrario, molti altri sarebbero disposti a qualsiasi cosa pur di guadagnare minuti e secondi preziosi, sognando di indossare ai piedi i mitici calzari alati di Mercurio, il dio dello …sprint. Oltre tutto, risparmierebbero in benzina.

La rincorsa contro il tempo e il desiderio di annullare le distanze non sono comunque solo figli della nostra epoca, fatta di appuntamenti e scadenze da rispettare. Nell’antico Oriente, si utilizzavano i tappeti volanti e persino Salomone sembra "guidasse" questo leggendario antenato dell’auto per i suoi spostamenti.

Da sempre, insomma, l’uomo cerca di sottrarre tempo al tempo. E spinto da questo sogno, si è ingegnato a costruire macchine che gli facilitassero il compito. Sono stati così inventati mezzi di locomozione sempre più sofisticati e in questa direzione si continua.
Lo testimoniano i treni super veloci: in Giappone sembrano dei fulmini, e già si annuncia una nuova linea in Cina, in occasione delle Olimpiadi, che frantumerà il record nipponico. Oppure gli aerei come il Concorde che, seppur andato in pensione nel 2003, copriva la distanza tra Europa e America in circa tre ore. E si sta sperimentando un velivolo che ha raggiunto per pochi minuti la velocità di 7.000 chilometri all’ora. Incredibile, ma vero.
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I simboli moderni della velocità a portata di tutti, comunque, rimangono l’auto e la moto. Il perché lo spiega lo psicologo Pierenrico Andreoni: "La velocità e la possibilità di esercitarla rappresentano la vittoria sul tempo e sullo spazio. Si associa poi alla destrezza: chi va più veloce guida anche meglio, come Hamilton o Valentino Rossi. Essi diventano così eroi perché sfidano e superano i limiti imposti ai "comuni mortali"".

Forse per queste ragioni affascinano tanto le corse clandestine, folli gare nello sfidare il destino nell’illusione di essere piloti di Formula 1. E forse, anche nel maldestro tentativo di imitare i campioni delle due ruote, si spiegano le sgommate, le accelerate, i zig-zag nel traffico di tanti ragazzi alla guida dei motorini, molti ancora senza casco. La recente introduzione del patentino e i corsi per ottenerlo dovrebbero indurre i teen-ager a rispettare le regole del Codice stradale.

La mania di correre non si manifesta solo sulle ruote. Basta osservare l’agenda di una famiglia: la somma degli impegni di genitori e figli (lavoro, scuola, casa, attività varie…) sfiancherebbe anche Achille, l’eroe greco, e la sua proverbiale velocità nella corsa. Mamma e papà diventano taxisti per riuscire a stare al passo con le lancette dell’orologio e onorare gli appuntamenti dei figli sgranati nella settimana: lezioni di lingua straniera, di musica, di danza, corsi sportivi, ripetizioni e così via. A questi, si aggiungono poi i propri per palestra, parrucchiere, spesa, ecc. La vita assume l’aspetto di un tour de force, il perenne fiatone si trasforma in stress.

Per darsi una calmata, bisognerebbe leggere, allora, il libro, …E vinse la tartaruga, che suggerisce come spezzare il culto della velocità. Lo ha scritto un giornalista inglese, Carl Honoré, un’esistenza passata sulla corsia di sorpasso, che ha raccolto una serie di consigli utilissimi per tirare il freno a mano nella vita. Tra i tanti, ne emergono tre: tenere sotto controllo la velocità e, in caso di eccesso, fare un respiro profondo; trovare lo spazio per spegnere cellulare, computer, radio e tv almeno una volta al giorno; seguire un hobby che aiuti a rallentare, come pittura, giardinaggio, yoga. Conviene provare a diventare tartaruga, almeno un po’. Ne guadagnerebbe la salute.

Mercurio, le ali ai piedi

Il primo recordman della velocità fu Mercurio. Figlio di Giove e di Maia, la più bella delle Pleiadi, dimostra di avere una fretta indiavolata fin dalla nascita. Si libera da solo dalle fasce e si precipita subito, veloce come il vento che rappresenta, in Peria per giocare un brutto tiro ad Apollo: rubargli una cinquantina di buoi che il dio aveva portato a pascolare.

Questa sua rapidità lo candida a diventare il messaggero degli dèi, con l’aiuto di piccole ali ai suoi piedi (…i futuri alettoni delle auto da Gran Premio). Diventa così un messaggero importante. Gli vengono affidate missioni delicate, con la libertà di risolverle secondo le sue intuizioni. Mercurio si dimostra un saggio furbacchione: unisce prudenza, abilità a una buona dose di "guasconeria" nell’eseguirle.

I suoi compiti, però, non finiscono con il lavoro di postino: conduce le anime dei morti nell’Erebo, protegge i viaggiatori, è il dio dei sogni, dell’eloquenza, dei mercanti e dei ladri. Un mito "tuttofare", senza un secondo per respirare. Sarebbe un ottimo "testimonial" per il nostro tempo …che ha messo le ali.

DALLA CLONAZIONE A PROMETEO: L'ELISIR DI LUNGA VITA

Da sempre l’uomo è stato affascinato da due domande fondamentali: "Da dove vengo?" e "Dove vado?". Dietro ad esse c’è il desiderio di capire il senso della vita ma anche l’illusione di diventare immortali.

In tanti e con vari mezzi hanno provato a dare una risposta a un tema così affascinante. Gli scrittori, per esempio, hanno versato fiumi di inchiostro sull’argomento. Frankenstein, in questo senso, rimane l’esempio per eccellenza. Il mostro creato dalla penna di Mary Shelley rappresenta benissimo l’idea di dare vita a un uomo costruito con parti diverse di cadaveri e rivitalizzato da una potente scarica elettrica.

provette
L’infelice e drammatico epilogo della vicenda suona come un monito a non scherzare con questi argomenti. Monito che però deve aver lasciato tiepidi tanti scienziati, categoria che ha provato a trasformare in realtà i romanzi degli scrittori, percorrendo la strada della ricerca genetica. Per qualcuno, la svolta scientifica porta una data precisa: 25 luglio 1978, giorno in cui è venuta alla luce Louise Brown, nata in provetta, risultato della manipolazione dei processi riproduttivi iniziata alcuni anni prima.

È poi arrivata, nel 1997, la pecora Dolly, il primo organismo clonato, cui sono seguiti altri animali, con esiti non particolarmente entusiasmanti. E ora, con le recenti scoperte (la lettura del Dna, il codice della vita, le cellule staminali, le biotecnologie, ecc.) si aprono nuove frontiere, che dovrebbero migliorare la vita degli esseri viventi, ma alimentano anche discussioni sui valori etici della sperimentazione. La prossima tappa, dichiara qualcuno, sarà la clonazione dell’uomo, un passo più vicino al mito dell’immortalità.

In questi tentativi di spostare più in là possibile la frontiera della vita è condensato il profondo desiderio di non morire mai. Nonostante i grandi traguardi raggiunti e in arrivo, la scienza non riuscirà mai a realizzare questo sogno di eternità. L’unica possibilità è data dalla risurrezione (il ritorno ad una vita nuova e intramontabile), realizzata per primo in Gesù di Nazaret, "il primogenito di coloro che risuscitano dai morti", come scrive san Paolo ai cristiani di Colossi. E in coloro che crederanno in Lui. C’è da fidarsi e da crederlo, perché è parola di Gesù, parola di vero vero e vero Dio.

Prometeo e la fiamma eterna della vita

Gli antichi hanno descritto il desiderio di diventare immortali in uno dei miti più famosi. Quello di Prometeo, gigante buono e saggio che si commuove nel vedere le tristi condizioni in cui vivono gli esseri umani. Decide, perciò, di aiutarli. Ruba nella fucina di Vulcano una scintilla di fuoco, elemento riservato solo agli dèi, e la consegna agli uomini. In breve, con l’aiuto della magica fiamma, essi imparano a difendersi dal gelo, a plasmare metalli, a combattere le belve. In una parola, progrediscono. I mortali, però, nel giro di poco tempo, si montano la testa, trascurano il culto degli dèì e si paragonano a essi.

Giove, offeso da quel furto, s’infuria. Distrugge con un diluvio gli uomini, risparmiando soltanto Deucalione e Pirra, destinati a dare origine a una nuova stirpe umana. Poi fa incatenare Prometeo a una rupe sul monte Caucaso per mille anni, come ostaggio degli elementi della natura e di un’aquila che gli becca ogni giorno il fegato.

Prometeo, un tipo orgoglioso, si rifiuta di chiedere pietà a Giove. Ma il dio di tutti gli dei e signore dell’Olimpo, trent’anni più tardi, lo grazierà con l’intervento di Ercole. Il super "palestrato" ucciderà l’aquila e spezzerà le catene liberando il gigante buono che tornerà in libertà. La scintilla del fuoco divino non si spegnerà più e rivive in ogni persona che viene in questo mondo, portando in sé la "firma" di Dio.
© Claudio Facchetti - Mondo Erre

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