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Robert Baden-Powell

Autore: Teresio Bosco

ROBERT BADEN-POWELL

Capo-scout del mondo

 

UN RETTANGOLO DI CARTE CHE SEGNA IL DESTINO

 

Londra, soffocante giornata di luglio. Nella silenziosa e raffinata sala da pranzo del King’s Club un giovanissimo colonnello sta facendo colazione. A un altro tavolo sta per sedersi l’aiutante di campo del Ministero della Guerra, quando i loro sguardi si incontrano. L’aiutante di campo perde per un attimo la classica flemma inglese e si precipita verso di lui:

-     Colonnello Baden-Powell, ma non siete in India?

-     Come vedete, sono qui – mormora imperturbabile.

-     Ma io vi ho appena spedito un telegramma in India. Il Ministero ha urgentissimo bisogno di parlarvi.

-     Posso almeno finire la mia bistecca?

-     Temo proprio di no, signore.

Un quarto d’ora dopo, Robert Baden-Powell, sbatte i tacchi davanti a lord Wolseley, da cui dipendono tutti gli eserciti che presidiano il vasto impero di sua maestra Britannica. Insaccato nella sua poltrona, il Ministro fissa per un attimo il giovane ufficiale, poi a bruciapelo:

-     Dovete partire immediatamente per l’Africa del Sua.

-     Bene, signor generale.

-     Potete partire sabato prossimo?

-     No, signor Generale.

Una ruga tra i sopraccigli:

-     E perché?

-     Perché sabato non c’è nessuna nave in partenza. Posso partire, se voi credete, venerdì.

Tre giorni dopo, il piroscafo Dyottar Castel salpava per la Città del Capo. Sul ponte, schierati rigidamente, reparti di truppa in assetto di guerra intonarono God Save the Queen. Presso il parapetto, Robeert Baden-Powell fece un rapido segno di saluto verso i due fratelli che erano venuti a dargli l’addio. Poi toccò con la mano la busta che portava nella tasca interna, quasi ad assicurarsi che ci fosse ancora: in quel rettangolo di carta era segnata la sua missione, forse il suo destino. Nelle colonie inglesi dell’Africa del Sud stava per scoppiare la guerra contro il Transvaal e l’Orange dei Boeri. Nell’ordine del Ministero della Guerra che il giovane colonnello portava con sé, egli era nominato comandante della frontiera nord-occidentale, quella che segnava il confine tra la colonia inglese della Beciuania e il territorio boero. Doveva attestarsi in posizione di difesa, e attirare contro di sé il maggior numero possibile di forze nemiche mentre l’offensiva britannica si sarebbe sviluppata sulla frontiera nord-orientale.

 

 

IL TONO SORDO DEI CANNONI

 

Ottobre. Da Città del Capo. Baden-Powell è risalito con un ridottissimo nucleo di truppe fino a Mafeking, un importante nodo ferroviario che egli ha deciso di trasformare nel suo Quartier Generale.

4 ottobre. Il colonnello chiama alle armi le compagnie dei volontari. Tra bianchi e neri, i soldati con uniforme inglese in Mafeking sono un migliaio.

5 ottobre. In lontananza si sente il tonfo corso dei cannoni. Si possono distinguere a occhio nudo le nuvolette bianche della esplosioni che stagnano nel cielo sereno. Le truppe boere si avvicinano sempre più. Pare abbiano l’intenzione di prendere Mafeking d’assalto. Baden-Powell ordina che sull’ultimo treno in partenza per la lontanissima Città del Capo siano fatti salire donne e bambini. Scrive velocemente un biglietto per sua madre: “Un esercito di boeri su tre colonne, della forza complessiva di 7 mila uomini, è accampato a meno di 15 chilometri da noi. Ho organizzato i civili in un corpo di difesa, ho armato gli uomini e fortificato la città. Sto  inviando in un’altra parte del Paese la maggior parte delle donne e dei bambini, perché prevedo che la città sarà bombardata. Ora debbo uscire: ho progettato una grande manovra per esercitare gli uomini alla difesa della città”

9 ottobre: giunge un telegramma cifrato dal servizio segreto: “Prevista pioggia forte. Attenzione al fieno”. Significa: “La guerra sta per investire la vostra città. Tenetevi pronti”.

Il generale boero Cronje ha levato gli accampamenti e sta puntando su Makefing. La piccola città (sarebbe meglio chiamarla “una modesta borgata”) attende l’uragano. È situata all’ombra di una collina, detta Cannon Kopje, e si distnde nella pianura ondulata in cui scorre il fiume Malopo. Il deposito militare, il vasto nodo ferroviario da cui partono i binari per Johannesburg e Pretoria, la chiesa e il convento dei cattolici, le case dei bianchi dal tetto di lamierea zincata, quelle circolari dei neri in terra battuta, sono stati circondati da una catena di fortini. Lì Baden-Powell ha concentrato la misera artiglieria che deve sbarrare il passo al nemico: quattro cannoncini e sette mitragliatrici. Ha pure fatto scavare una serie di rifugi e messo a punto un sistema di allarme: in caso di bombardamento si potranno rapidamente mettere al riparo.

 

 

IL GRANDE BLUFF

 

13 ottobre. L’esercito del generale Cronje (9 mila uomini, sette cannoni moderni da campagna, nove mitragliatrici Maxims) investe la città. Il bombardamento che si abbatte massiccio dura l’intera giornata. Al termine, Cronje manda una staffetta che chiede di parlare con il comandante della città. Robert si reca fuori della linea dei fortini:

-     Il nostro generale – si sente intimare – chiede la resa della città entro un’ora.

-     Perché? – risponde tranquillo. E torna sui suoi passi.

La risposta lascia di stucco Cronje. “Dopo un bombardamento simile non s’arrendono? Ma quanti  sono là dentro?” si domanda perplesso. Consulta i suoi ufficiali! Si vorrebbe dare l’assalto all’alba del giorno seguente, ma molti cominciano ad esitare. Non si sa nulla delle truppe e dell’artiglieria ammassate in Mafeking, e nessuno vuole andare al massacro. “È meglio attendere qualche giorno e saggiare le forze inglesi” conlude Cornje.

È esattamente quello che desidera Robert Baden-Powell. In quella stessa notte comincia a giocare il suo bluff, per ingannare il nemico e fargli credere di trovarsi davanti a una posizione guarnitissima. Sposta le sue truppe da un punto all’altro del perimetro difensivo, accendendo ogni volta un grande fuoco. Con piccole battaglie avanza fin sotto il naso delle sentinelle nemiche, e pianta tubi di dinamite nel terreno. All’alba, al primo agitarsi delle truppe boere, con lunghe micce fa esplodere ora un tubo ora un altro, dando a Cronje l’impressione che tutta la zona sia pericolosamente minata.
 

Per alcuni giorni attorno a Mafeking si svolgono piccoli scontri d’assaggio. Pattuglie boere vengono all’assalto, pattuglie inglesi reagiscono con veloci sortite che creano il panico negli avamposti. Al termine di una settimana Cronje è convinto di aver davanti una piazzaforte munitissima, che bisognerà far capitolare non con un assalto ma con un lungo assedio.

Robert ha vinto la prima partita, ma ora deve continuare il gioco terribile, con coraggio e fantasia inesauribile: utilizzare al massimo le minime risorse di cui dispone, stordire il nemico con una continua dimostrazione di vitalità e di straordinaria attività. I cannoni di Cronje sono micidiali, ma il giovane Baden-Powell riesce a farli puntare dove vuole lui. Impartisce gli ordini alle sue truppe con un megafono di latta, che porta la sua voce fino alle linee boere. Le indicazioni che dà sono false, e nella notte, quando aprono il fuoco, i cannoni centrano immancabilmente obiettivi di nessuna importanza: muri scalcinati, mucchi di pietre. Le sentinelle sono numerosissime, ma la maggior parte di esse sono manichini di legno rivestiti di una divisa.

 

 

“CIÒ CHE VOI FATE È PAZZESCO E INUTILE”

 

Un viaggiatore di commercio è stato sorpreso dalla guerra a Mafeking con una scorta di carburo. Con l’aiuto di un meccanico, Robert fabbrica un rudimentale proiettore ad acetilene, e in una sola notte lo sposta di corsa in dodici posizioni diverse, illuminando per qualche minuto diversi tratti delle linee nemiche. L’operazione è ripetuta per diverse notti, e gli ufficiali boeri concludono che gli inglesi dispongono di una dozzina di proiettori, da accendere in caso di attacchi notturni. Per molti mesi non ne tenteranno nessuno. Le notti di calma servono a Baden-Powell a fortificare i bastioni e a far prolungare le trincee. Riesce così ad avvicinarsi alle linee nemiche fino a trenta metri: di qui può rispondere alle cannonate con i suoi cannoncini a tiro corto e con le bombe a mano. Giunge a confezionare con le sue stesse mani un obice con il fumaiolo di un vecchia locomotiva.
 
All’entrata della mensa ufficiali, il colonnello ha fatto mettere il seguente manifesto: “Se vedete che le circostanze esigono una pronta azione, non aspettate ordini. Non abbiate timore di agire per paura di sbagliare. Chi non ha mai sbagliato non ha mai fatto nulla. Ardire e decisione hanno spesso trasformato un errore in un successo”.
 

I giorni passano. I difensori di Mafeting scrutano ogni giorno l’orizzonte, dalla parte dove dovrebbero spuntare i rinforzi. Le munizioni scarseggiano sempre più. Un capitano, dai nervi logorati dalla interminabile resistenza, un giorno entra nel baraccamento del colonnello:

-     Signore, ciò che voi fate è pazzesco e inutile. Se il nemico ci attacca, ci travolgerà in dieci minuti.

- È proprio qui che noi vinceremo, capitano – ribatte calmo Baden-Powell. – Perché il nemico non attaccherà.
 

Ciò che soprattutto occorreva in quei momenti era la rapidità delle informazioni: sapere immediatamente in quale punto del perimetro cittadino i boeri venivano all’attacco, per concentrarvi fulmineamente i difensori. Per adempiere questa missione, Baden-Powell radunò in un “corpo speciale” i ragazzi dai dieci ai sedici anni. Dette loro una divisa e li addestrò come informatori e porta-ordini. Il coraggio, l’allegro eroismo con cui svolsero per mesi il loro compito, li fece ammirare da tutti.

 

IL MONDO GUARDA A MAFEKING

 

La situazione nella città assediata è la seguente: 1074 uomini bianchi, 229 donne bianche, 405 bambini, 7500 indigeni di pelle nera. I due mesi e 5 giorni di assedio le perdite si limitano a 23 morti e 53 feriti. Ciò che maggiormente pesa sugli assediati è la mancanza di cibo e di armi per la difesa. Ma c’è un altro elemento che dà forza e ardimento: il mondo li sta guardando.
 
Un sistema incredibile di comunicazioni spezza quasi ogni giorno il cerchio dell’assedio, e porta a tutti notizie di Mafeking. Piccioni viaggiatori, indigeni che filtrano attraverso le linee recando al collo come amuleti messaggi avvolti in carta d’argento, la linea telegrafica che con rapide sortite viene ripristinata lungo la ferrovia (fino a che i boeri la fanno nuovamente saltare), permettono agli assediati di mandare all’esterno un vero diario dei combattenti, che viene rapidamente trasmesso a Londra e pubblicato con grande rilievo sui giornali. Tutto il mondo, ormai, sa dell’incredibile resistenza di Mafeking. È quasi diventata un’impresa sportiva, un record: quanto resisterà ancora Baden-Powell?
 

Per “tenere su il morale”, il comandante escogita ogni genere di iniziative. Fa pubblicare un “Giornale di Mafeking”, che reca sotto il titolo questa dicitura: “Esce tutti i giorni, se i cannoni lo permetteranno”. Si accorda con i boeri e dichiara la domenica “giorno di tregua”. In quel giorno si organizzano tornei di cricket, concerti di orchestra, balli popolari. Le due parti combattenti si avvisano cortesemente delle rispettive feste nazionali, e in quei giorni si accorda una “tregua supplementare”.

A Natale la tregua concordata è di due giorni. Nei loro accampamenti, i boeri cantano le loro canzoni lunghe e tristi. In Mafeking i soldati possono assistere alla Messa di mezzanotte celebrata da padre Ogle, nella piccola cappella illuminata. Il servizio protestante viene celebrato nel pomeriggio, ed è seguito da gare sportive.

L’orchestra non può suonare, perché una granata boera ha centrato il deposito degli strumenti.

Nei mesi seguenti la guerra continua a base di colpi di mano, sortite improvvise, e tanta fame.

 

 

L’ATTACCO DI ELOFF

 

Aprile. Da Londra, la regina Vittoria detta un telegramma per Baden-Powell: “Continuo seguire con fiduciosa ammirazione la paziente e risoluta difesa che così coraggiosamente viene continuata sotto il vostro comando sempre ricco di risorse”. L’apparecchio telegrafico batte le parole della regina mentre Mafeking è sotto il bombardamento più terribile che mai l’abbia colpita. I boeri hanno ricevuto rinforzi e fanno piovere granate a tappeto.

Sono gravemente colpiti anche l’ospedale e il campo delle donne.
 

12 maggio. Il generale boero Sare Eloff, giuntocon i rinforzi attacca a capo di 900 uomini.

Non sono boeri (essi non approvano questo attacco “allo scoperto”), ma uitlanders: cercatori d’oro, speculatori, avventurieri che hanno seguito Eloff per la speranza di saccheggio. La colonna dei 900 attraversa due bracci del fiume Molpo e nell’oscurità più completa arriva a ridosso del primo fortino protetto da sbarramento di filo spinato. È occupato d’impeto, prima che le sentinelle possano dare l’allarme. Al di là cominciano le case in terra rossa dei negri. Qualcuno è destato, qualche fucile esplode dei colpi. Eloff capisce che la sorpresa dell’attacco è finita e ordina ai suoi di mettere tutto a ferro e fuoco. Subito dopo le case dei negri c’è un fortino che difende il centro di Mafeking. Sorpresi dal fuoco intensissimo, i soldati si arrendono. Anche le scuderie sono conquistate. A questo punto, il centro della città è alla portata del generale boero, se i suoi uomini lo seguissero. Ma attorno a lui sono rimasti in pochi. I uitlanders si sono sparsi per i fortini, le scuderie, la città negra a far bottino. Eloff dà ordine ai suoi ufficiali di riunire gli uomini con la minaccia delle rivoltelle. Ma dopo mezz’ora non si è ancora combinato nulla: attorno a lui rimane sempre un numero sparuto di soldati, insufficiente per dare l’assalto al centro della città. E la guarnigione di Baden-Powell ha avuto tutto il tempo di destarsi, armarsi e organizzare il contrattacco.
 

C’è un sistema di trincee che circonda i quartieri di cui gli assalitori si sono impadroniti. Gettandosi a testa bassa per quei camminamenti, alla testa dei suoi uomini, Robert chiude in un cerchio di fucili il contingente di Eloff. È l’alba, ormai, e i boeri devono passare dall’attacco alla difesa. Si difendono con accanimento. Per quattordici ore ribattono colpo su colpo, appiccano incendi, devastano la città. Ma la loro partita è persa. Al cadere della notte i superstiti emergono dal fumo degli incendi con le mani alzate. Sono cento e otto. Tra loro è Eloff, che viene condotto al Quartier Generale.

-     Buona sera, Eloff – lo saluta Beden-Powell tendendogli la mano. – Arrivate proprio in tempo per la cena.

 

 

LIBERAZIONE AL 217° GIORNO

 

Due giorni dopo il cannone rimbomba in lontananza. È la colonna inglese di Lord Roberts che si avvicina per liberare la città. Questa volta sono i difensori di Mafeking che vanno all’attacco: con una sortita improvvisa assalgono le postazioni boere, si battono da leoni finché (proprio come nei film western) risuona nella pianura la tromba della carica che annuncia l’arrivo della cavalleria.
 
Tra i resti sconvolti delle fortificazioni, assediati e liberatori si abbracciano piangendo. È  il 217° giorno dall’inizio dell’assedio. Quella sera la città era tutta illuminata: i lampioni tremavano al vento, e nelle strade i bambini della scuola cantavano inni. “Quando la notizia giunse in Inghilterra – scrisse Winston Churchill – le vie di Londra divennero impraticabili per la folla, e il fiume dell’entusiasmo patriottico londinese dilagò in una inondazione di gioia infantile, delirante, incontenibile, come in seguito non doveva più capitare fino alla notte della vittoria della prima guerra mondiale”.
 

Era il 16 maggio1900. Nominato generale per meriti di guerra Rober Baden-Powell, 43 anni, entrava nella leggenda inglese. Era il più giovane generale dell’esercito britannico.

Ma le preoccupazioni e le fatiche di quei 217 giorni avevano succhiato tutte le energie del suo fisico. La salute ebbe un crollo. L’ordine dei medici fu perentorio: tornare in Inghilterra e sottomettersi ad un riposo assoluto per sei mesi.
 

Le accoglienze a Londra furono deliranti. Re Edoardo VII (succeduto alla Regina Vittoria) gli conferì personalmente una delle più alte onorificenze dell’Impero Britannico.

Baden-Powell sorrise col volto tiratissimo alla folla che lo acclamava, e si ritirò nella riposante casa di sua madre. Un triste spettacolo però lo colpì in quei giorni: i giovani. Bighellonavano numerosi per le strade, sfaccendati e rissosi. Parlò con qualche amico, e ne ebbe  un quadro preciso e desolante: in Inghilterra vivevano 2 milioni di ragazzi tra i 10 e i 17 anni, per la maggior parte fiacchi, avvizziti, senza ideali. Molti finivano male, perché nessuno si interessava di loro.

Baden-Powell si domandò inquieto: “Sarà questa la nuova generazione?” e ripensò ai ragazzi di Mafeking, alle loro imprese avventurose ed eroiche.
 

1903. Ristabilito in salute Baden-Powell è nominato “Ispettore Generale della Cavalleria di Inghilterra e Irlanda”. Una carica prestigiosa. Nello stesso anno William Smith il fondatore delle Boys Brigades, lo invita ad assistere a una grande adunata della Brigades. So che siete interessato ai problemi dei ragazzi. Anch’io lo sono. Venite a dare un’occhiata alle mie organizzazioni”.

Baden-Powell assiste a una sfilata imponente di piccoli soldati, sigillati in divise impeccabili. Obbediscono fulmineamente agli ordini militareschi dei capi. William Smith gli è accanto: - Che ne dite? Non è questa la maniera migliore di preparare i cittadini di domani?

Baden-Powell tace, pensa, scuote leggermente la testa. Alla fine della parata prende in disparte Smith:

-     Se permettete, io non sono d’accordo. Questa disciplina è troppo esteriore, troppo militaresca. I ragazzi sono ragazzi. Per loro occorre una disciplina più gioiosa, più spontanea, più giovane insomma.

Egli sogna di donare ai 2 milioni di ragazzi inglesi una giovinezza come la sua: piena di fatica allegra, di disciplina gioiosa a contatto con la natura che indurisce i muscoli e tempra il carattere, con i fiumi da percorrere in canoa e le colline da conquistare, gli animali e gli insetti da osservare con curiosità e amore. La sua era veramente una giovinezza “favolosa”.

 

 

 LA GIOVINEZZA DI ROBERT

 

“Il periodo più bello della mia fanciullezza fu quello in cui andai, con quattro miei fratelli, al mare intorno alle coste d’Inghilterra. Avevamo una barca a vela di nostra proprietà, sulla quale vivevamo in crociera in qualsiasi stagione”.
 
Lui, Robert, il più piccolo della compagnia, era mozzo dell’equipaggio. Toccava a lui manovrare la ramazza, tenere in ordine i cordami, fare la cucina in un piccolo locale puzzolente e ingombro delle cose più incredibili.
 
Warington, il fratello maggiore, aveva in mente di organizzare salvataggi. “noi piccolini pregavamo il cielo perché nessun battello venisse a trovarsi in pericolo”, ricorda Robert. Ma un giorno, mentre soffiava una tempesta da est, fu dato il segnale di nave in pericolo. “Issando una velatura ridotta ci affrettammo ad uscire dal porto. Il mare giallo e scatenato, era terribile a vedersi. Giunti in alto mare, gli spruzzi volavano così fitti e il mare era talmente grosso che la nostra situazione divenne assai precaria. Ma resistemmo, lottando per ore e ore. Quando cadde la notte,  Warington disse: “Così potremo vedere la nave dalla scintille del fumaiolo”. Ma le nostre ricerche rimasero infruttuose. Quando finalmente tornammo in porto, apprendemmo che la nave in pericolo era già da ore al sicuro…”
 

Robert, in quel tempo, impiegava due intere righe per scrivere il suo nome: Robert Stephenson Smyth Baden- Powell. Ma tutti lo chiamavano con un nome brevissimo, “Ste”. Ricordava come in un sogno il giorno in cui papà, il reverendo Baden-Powell, pastore e professore ad Oxford era morto. Era il 1850, e lui aveva solo tre anni. Ricordava che mamma, sempre così coraggiosa, quel giorno aveva pianto a lungo.

La signora Henriette Grace era rimasta con sette figli sulle braccia: il più grande aveva 13 anni, il più piccolo un mese.

 

 

 

 

TEMPO DI VIAGGI FAVOLOSI

 

Nella luce dell’affetto materno, che li riscalda come il sole, i bambini crescono rumorosi e sani. Non ce n’è mai uno fermo. Corrono per i prati, si battono alla boxe, fanno gare di nuoto e corse sui cavalli. Henriette non si spaventa dei graffi e dei bernoccoli. È una mamma dolcissima, ma energica e forte. Li conduce lei stessa in lunghe gite esplorative a scoprire gli animali e i fiori nella natura intatta. Ha assegnato ad ognuno un fetta dell’orto, che coltivano maneggiando la zappa e la pompa dell’acqua. Ogni ragazzo porta in tavola, trionfante, le sue primizie. Mamma accoglie con un sorriso dolce il primo radicchio di John, l’insalatina di Ste, cavolfiori di Warngton.
 
Le vacanze sono il tempo dei viaggi favolosi. “Risalimmo in barca il Tamigi più che potemmo – ricorda Robert – finché il fiume divenne un ruscelletto troppo piccolo per portarci. Di là trasportammo l’imbarcazione oltre una collina e la rimettemmo in acqua in un fiumicello che scorreva in direzione contraria. Il ruscello divenne più grande fino a trasformarsi in un fiume: era l’Avon che ci condusse a Bath e a Bristol. Poi traversammo la ,grande Severn, e continuammo la crociera risalendo il fiume Wye fino alla nostra casa  nel Galles… Di notte ci accampavamo all’aperto e facevamo da noi la cucina, acquistando i viveri nelle fattorie e nei villaggi incontrati lungo il nostro itinerario, e, infine, pescando”.
 
I Baden-Powell ritornavano dalla vacanze con le ginocchia callose, i muscoli induriti e tonnellate di bagaglio: pietre per la collezione, nidi per il museo, uccelli da imbalsamare per le vetrine, fiori per l’erbario, e radiosi ricordi per le serate invernali.
 

Robert detto “Ste” era un ragazzino magro e nevoso, con un viso minuto, intelligente e sveglio. Disegnava con la sinistra e scriveva con la destra. Presto imparò a disegnare e a scrivere con tutte e due le mani. A scuola, le sue conoscenze di uccelli, nidi, pietre, gli acquistarono un enorme ascendente sui compagni. Su uno dei quadernetti delle elementari, un giorno che “pensava” tracciò il programma della sua vita: “Quando sarò vecchio, farò in modo che i poveri siano ricchi quanto noi, avere diritto alla felicità. Tutti coloro che passeranno per un incrocio, daranno un po’ di denaro ai poveri spazzini, e ringrazieranno Dio per ciò che Egli ha loro donato. Bisogna pregare Dio tutte le volte che si può, ma dato che non si può essere buoni solamente pregando, bisogna anche sforzarsi e fare di tutto per arrivare ad essere buoni”.

Quando scrisse queste righe, aveva 8 anni.

 

 

PAROLE MAGICHE SUL CAPPELLO GRIGIO TOPO

 

12 anni. Munito di una borsa di studio, Robert entra nel “college” Charterhouse di Londra. Un “college” inglese non è un immenso fabbricato fatto di aule e di corridoi, ma un insieme di piccole case ornate di grandi festoni di ederea, dove i ragazzi vivono a gruppi, dedicandosi allo studio e allo sport.

Robert non se la cava molto con le traduzioni latine e greche, ma è un cannone nelle scienze naturali e nelle gare sportive. Gli piacciono da morire gli scherzi. Un giorno che sono in teatro e che il prestigiatore annunciato non arriva, qualcuno invita Robert a salire sul palco per calmare l’impazienza. Non se lo fa dire due volte. Sale si rimbocca le maniche, e annuncia che eseguirà un clamoroso gioco di prestigio. Si fa prestare da uno spettatore il cappello: un magnifico cappello grigio-topo, assolutamente nuovo. Dopo scongiuri e parole magiche, Robert tira fuori di tasca un grosso temperino e si mette freddamente a ritagliare il cappello in sottili striscioline. Il proprietario del cappello è vagamente inquieto. Ed ecco arrivare il prestigiatore professionista. Robert, con faccia di bronzo, consegna a lui i ritagli del cappello e dice agli spettatori: “Col più grande piacere, lascio terminare al nostro prestigiatore l’interessante gioco”. E taglia la corda.

 

 

MISSIONE IN INDIA

 

Maggio 1876. Robert Baden-Powell ha 19 anni. Lascia la scuola e inizia la carriera militare. Sono quelli gli anni in cui le nazioni europee conquistano vasti imperi in Asia, Africa e Oceania. Dopo il 1880 la corsa all’espansione coloniale diviene talmente forte che le Potenze europee, nel Congresso di Berlino del 1884, stabiliscono alcune “regole di conquista” per ridurre il rischio di guerre tra le nazioni occupanti. In quel Congresso, l’Africa viene divisa a  fette come a una festa si taglia la torta. Inglesi, Francesi, Portoghesi e Tedeschi si appropriano dell’80 per cento del territorio africano. Con un atto gentile “regalano” il Congo al re del Belgio. In maniera identica si spartiscono l’Asia.
 

L’Inghilterra vede riconosciuto il suo “diritto coloniale” sull’immensa India e sulla vastissima fascia di territori africani che scende dall’Egitto fino al Sudafrica. Alla fine del secolo, l’Inghilterra possiede un impero mondiale di 33 milioni di chilometri quadri, e di circa 400 milioni di abitanti.

Per giustificare queste conquiste, celebri studiosi europei elaborano strane teorie sulla “superiorità della razza bianca”, destinata da Dio a “civilizzare il resto del mondo”.
 
Robert Baden-Powell è un figlio del suo tempo. Ha studiato storia su libri che riportavano affermazioni come queste: “Gli inglesi sono una razza destinata da Dio a governare e dominare” (Seton Kerr, ministro degli Esteri); “Sostengono che noi Inglesi siamo la prima razza del mondo e quanto più grande è la parte del mondo da noi occupata, tanto meglio è per la razza umana. Noi dobbiamo dominarli, i negri” (Cecil Rhode, esploratore e conquistatore).
 
Per molto tempo, Robert crede sul serio nella “missione civilizzatrice” dei popoli bianchi. Solo al termine della campagna contro gli Zulù e dopo un incontro personale con Cecil Rhodes scoprirà la sete di potenza e lo squallido desiderio di ricchezze che si nascondono dietro quella “missione”.
 

6 dicembre 1876. Baden-Powell sbarca a Bombay. È stato aggregato come sottotenente al 13° Ussari che sta prestando servizio in India.

Mesi di duro addestramento. Poi partenza verso le frontiere dell’Afganistan, dove raggiunge il suo reggimento. Lassù la situazione è sempre critica. Il 13° Ussari deve presidiare il Passo di Khyber, attraverso il quale sono calati per trenta secoli gli invasori dell’India.

 

 

LE IMBOSCATE DEI PHATAM

 

Le tribù che abitano le brulle regioni intorno sono i bellicosi e irriducibili Phatan, i “guerriglieri dalla lunga barba”. I loro villaggi costruiti con fango e paglia, dove in segreto fabbricano armi, sono introvabili nel groviglio delle montagne. Le grotte scavate sui fianchi delle valli formano un labirinto inestricabile. Da cui balzano a tratti per assalire le carovane di passaggio, o per distruggere un contingente di soldati. Pattuglie di Ussari devono inseguire le bande di predoni, sapendo che quello è un gioco mortale.: i Phatam finiscono i loro prigionieri a colpi di pugnale. È una vera guerra di logoramento: occupare un’altura, sfuggire a un’imboscata, conquistare un accampamento. “Al crepuscolo – scrive Baden-Powell – si esce dal campo per circa un chilometro, si piazzano le sentinelle, e per tutta la notte si mandano fuori le pattuglie ad intervalli di un’ora per ispezionare i dintorni. Ogni momento ci aspettiamo di essere attaccati. Le notti lunghe e fredde ci stanno fortificando e indurendo”.
 
A Maiwand un reparto di Ussari assalito e sterminato. Baden-Powwel si reca a visitare il campo di battaglia e rimane impressionato. “Carcasse di cavalli – scrive –cataste di casse piene di munizioni, mucchi di cadaveri di uomini devastati dai cani, uniformi sparse dappertutto”.
 
Nei lunghi periodi di riposo che si alternano al servizio attivo, Robert organizza la sua vita di soldato. Non vuole gravare per nulla sul bilancio della sua famiglia lontana. Le 120 sterline annuali che costituiscono il suo stipendio devono bastare. “Non fumo. Bevo il meno possibile. Non ho servi né domestici. La mia stanzetta è fornita soltanto di una seggiola, un lettuccio, un tavolino coperto da una tovaglia cerata verde, un bicchiere per lavarmi i denti e un filtro per l’acqua da bere”.
 

Prende l’iniziativa di addestrare i soldati del suo reparto in un ramo dell’istruzione militare molto trascurato: lo scouting, cioè l’esplorazione: “Non c’è battaglia nella storia - afferma – su cui non sia pesata enormemente la ricognizione preventiva”. Durante le manovre periodiche, il suo reparto consegue successi sbalorditivi per l’abilità nello scouting: i soldati scivolano sui terreni erbosi come serpenti, stanno fermi lunghi tempi dietro minimi sbalzi di terreno, scrutano attentamente nell’oscurità, tengono mentalmente nota di ogni particolare, e alla fine riescono sempre a “sorprendere” il nemico.

 

 

BATTAGLIA NELLA GRANDE PIANURA

 

1887. Gli Zulù, al fondo dell’Africa, entrano in rivolta. L’Inghilterra, nella sua inesorabile avanzata africana, sette anni prima ha occupato il loro territorio. Ora il principe Dinizulu ha impugnato la lancia della libertà e il vento dell’insurrezione corre come il fuoco nella savana. Un telegramma giunge al capitano Baden-Powell che il quel momento si trova nell’Africa del Sud: è stato scelto come ufficiale in seconda dal maggiore McKean. Insieme dovranno guidare una colonna composta di 400 britannici e di 200 basuto verso il centro dello Zululand, dove il Commissario inglese è assediato dagli insorti nella sua residenza. Baden-Powell non dimenticherà mai più la battaglia che si accese nella grande pianura: quattro file di uomini neri, rilucenti al sole, venivano lente all’attacco. I grandi scudi rosso-sangue sembravano rivestire quegli uomini di tuniche regali. Gli uomini neri cantavano: un coro lento, cadenzato, imperioso. “È l’Ingonyama”, disse qualcuno.
 
La battaglia fu breve. I fucili inglesi annullarono le lance e perforarono gli scudi. Ma quella sera, una profonda amarezza stagnava in fondo all’anima di Baden-Powell. Quei guerriglieri che erano venuti all’assalto cantando, fieri e bellissimi, non erano dei ribelli ma patrioti: si erano battuti per la libertà della loro terra. Loro, inglesi, che avevano ucciso gli insorti, chi erano? Dei civilizzatori o dei tiranni?
 

1895. Nella colonia inglese della Costa d’Oro (che si chiamerà “Ghana”) si ribella la tribù degli Ashanti. È una delle più sanguinarie tribù arcane. Per secoli ha terrorizzato le terre vicine con guerre e razzie. Le tribù vinte venivano dichiarate “preda di guerra”. Incatenati o sotto un pesante giogo di legno, i prigionieri scendevano a migliaia verso la costa, spinti dalle lance degli aguzzini Ashanti. Qui i mercenari arabi o europei li sceglievano, li marchiavano col ferro rovente per poterli identificare, pagavano agli Ashanti un quantitativo di rum, e li imbarcavano. Andavano a rivenderli sui mercati di schiavi dell’Arabia, delle colonie inglesi, spagnole e portoghesi

Dal 1667 gli inglesi hanno occupato la Costa d’Oro e messo fine alle scorrerie degli Ashanti. Ma nel 1895 è salito al trono della tribù il re Prempeh. Egli ha scacciato i suoi sudditi (un milione e mezzo) alla guerra contro le tribù vicine, ha riaperto la caccia agli schiavi. In una sala del suo palazzo ne sono stati sgozzati cento nel corso di una sola festa.

 

 

UN RE NERO E UN DITTATORE BIANCO

 

Baden-Powell, promosso da poco maggiore, sbarca a Coast Castre alla testa delle avanguardie indigene. Deve aprire la strada al generale Scott che lo seguirà con un corpo di spedizione.

Per 20 giorni Baden-Powell procede nella giungla puntando verso la capitale Kumasi. La “grande strada” che dovrebbe congiungere la città alla costa è uno strettissimo sentiero che spesso la giungla lussureggiante ha invaso e sigillato. Il cammino viene aperto a colpi di machete tra felci giganti, palme e liane avviluppate in autentici “muri verdi”. Nuvole di insetti si appiccicano al corpo e lo trafiggono come una matassa di spilli.

Sono a due giorni di marcia da Kumasi, quando un gruppetto di Ashanti giunge sventolando un drappo bianco. Vengono ad offrire, a nome di Prempeh, la resa della tribù.
 

20 gennaio 1896. Disposte in quadrato al centro della capitale, le truppe indigene capeggiate da Baden-Powell attendono l’atto di sottomissione del re. Egli compare verso mezzogiorno.

“È un nero gigantesco, brutto, vestito di una tunica di cotonina a puntini azzurri – scrive Baden-Powell -. Succhia un amuleto magico come fosse un lecca-lecca. Braccia e caviglie ornate di ossa umane. Procede sotto un enorme parasole portato  da un servo. Attraversa lentamente il quadrato delle truppe e s’inginocchia nella polvere tremante di paura. Così finisce , senza un colpo di fucile, questa spedizione pacificatrice. Poco dopo riparto per l’Inghilterra con il brevetto di tenente-colonnello”.
 

Deve tornare in Africa nello stesso anno, per prendere parte a una spedizione contro la tribù dei Ma Tabela. È al termine di essa che incontra Cecil Rhodes, uno dei più astuti e spietati “conquistatori” inglesi.

“Era qualcosa tra il profeta e l’avventuriero. Aveva un’ambizione smisurata e disprezzava i neri come razza inferiore. Aveva la convinzione incrollabile che la razza britannica fosse predestinata a dirigere il mondo. Assomigliava stranamente a quei dittatori che negli anni ’30 avrebbero dominato l’Europa: Hitler, Mussolini, Stalin”.

Nel parlare a tu per tu con qull’uomo, Baden-Powell sente ripugnanza per il suo orgoglio smisurato, la sua sete insaziabile di potenza e di ricchezza. Si domanda  estrrefatto: “Sono questi i civilizzatori del mondo?”.
 

1899. Inizia la guerra in Sudafrica. È una tipica guerra coloniale. Da una parte i Boeri (discendenti dai coloni olandesi) che danno la caccia ai neri come fossero bestie feroci. Dall’altra gli inglesi, che vogliono occupare l’Orange e il Transval perché vi sono  state scoperte miniere d’oro.

 

 

PROBLEMA CHE URGE: DUE MILIONI DI GIOVANI

 

Dopo Mafeking Robert è nazionale, uno dei rari comandanti che non ha conosciuto la sconfitta. Il suo nome, le sue avventure, la sua allegra originalità sono conosciuti da ogni inglese. I giovani ne hanno fatto il loro idolo, e gli scrivono montagne di lettere affettuose. Chiedono autografi, pareri, consigli.
 
Come “Ispettore Generale” della cavalleria, Baden-Powell compie un vasto giro per l’Europa. Vuol conoscere le grandi scuole di cavalleria di Francia, Germania, Austria, Italia. Al ritorno in Inghilterra, ristruttura profondamente le scuole per la formazione degli ufficiali.
 
Ma il problema che urge nella sua mentre è un altro: i due  milioni di giovani avvizziti e senza ideali che in Inghilterra attendono qualcuno che “dia tono” alla loro vita.
 
Mentre viaggia per l’Europa, s’interessa agli studi e alle realizzazioni più moderne degli educatori. Discute a lungo con studiosi ed esperti. Le discussioni più appassionate sono quelle con William Smith, il fondatore delle Boys Brigades, di cui non condivide l’eccessivo militarismo. – Va bene – gli dice William un giorno del giugno 1906. – Sono d’accordo che la disciplina dei ragazzi deve essere più gioiosa, più spontanea, “più giovanile”, come dite voi.
 
Ma in pratica, che cosa dovremmo fare noi, capi delle Brigades? Perché non scrivere qualche articolo per il nostro giornale, esponendoci il vostro pensiero? Robert accetta. In quello stesso mese, The Boys Brigades Gazette pubblica un suo primo articolo. È intitolato Scouting for boys, Esplorazione per i ragazzi. Traccia con parole semplici alcune linee che diventeranno fondamentali nel futuro “Movimento scoutistico”: Dobbiamo tenere ben fisso davanti agli occhi la meta a cui ogni educatore di ragazzi deve puntare: aiutarli a formarsi un carattere, a sviluppare lo spirito di servizio verso gli altri, a diventare dei buoni cittadini.Il metodo che io suggerisco per arrivare a questa meta è: utilizzare la curiosità innata nei ragazzi per abituarli all’osservazione all’esplorazione. Nell’esplorazione della natura proveranno la gioia di vivere e di faticare; nell’osservazione attenta delle persone scopriranno la necessità di aiutarle”.

 

 

 

6 TENDE A BROWNSEA

 

Nel 1907 Robert incontra una persona che cambierà la sua vita. Si chiama Arthur Pearson, è editore di libri e giornali. Anche per lui i “due milioni” costituiscono un problema di coscienza. Sarà lui a spingere Baden-Powell sulla strada del “Movimento scoutistico”.

Un giorno gli dice: - Voi avete delle splendide idee sui giovani, generale. E avete scritto delle belle parole. Ma idee e parole non hanno mai risolto un bel niente. Dovete passare ai fatti.

-     E come?

-     Radunate dei ragazzi, provate a mettere in pratica il vostro metodo. Se i risultati saranno buoni, metterò a vostra disposizione i miei giornali, i miei soldi, le mie amicizie. Lanceremo le vostre idee e i vostri “fatti” su scala nazionale.
 
Luglio 1907. L’isola di Brownsea (un chilometro per tre), fra le bianche scogliere della baia di Poole, attende un primo “campo scout”. Dall’esercito Baden-Powell ha preso a prestito sei tende circolari ampie e pesanti, una quantità spaventosa di corde, bussole, carte topografiche e un cuoco professionista. Si è chiuso per quindici giorni in un piccolo albergo di Wimbledom, e ha gettato giù appunti, schemi, ricordi, tracce di chiacchierate da fare con i ragazzi. Il materiale gli si è gonfiato tra le mani, fino a raggiungere le dimensioni di un libro. Tra il resto ha tracciato minuziosamente il programma del primo “campo scout”.
 
Il 29 luglio arrivano sull’isola venti ragazzi. Sono figli di suoi amici o appartenenti alle Boys Brigades. Baden-Powell li riceve con il suo sorriso mite. Ha in testa il cappello che portava a Mafeking, e porta i calzoni corti al ginocchio. Accanto alle tende, i ragazzi si dividono in quattro squadriglie. A ciascuna Robert assegna un nome: Lupi, Tori, Salmoni, Corvi. Consegna pure un lungo nastro colorato che sarà il loro distintivo: blu, verde, giallo, rosso. Schierati attorno ad un pennone , alzano la bandiera del campo: vessillo vecchio e scolorito che ha sventolato sulle mura di Mafeking. Il soffio potente di Robert fa muggire un enorme corno di cudu, bovino della campagna dei Ma Tabela.
 

All’ombra della bandiera, Baden-Powell rivolge loro il primo saluto. Pochissime parole, chiare, incisive: “Da questo momento, le vostre squadriglie prendono possesso del campo. Ho piena fiducia in voi, perché conto sul vostro onore. Non obbedirete a me, ma al capo che eleggerete in ogni squadriglia”.

 

 

LA STAGIONE DEI FUOCHI E DELLE PISTE

 

Da quel momento per quei ragazzi inizia una rapida e bellissima stagione. La sveglia al suono del corno, la corsa al torrente per la rinfrescata mattutina, l’appetitoso odore delle uova fritte dal cuoco. E poi il bosco, con i suoi splendidi misteri tutti da scoprire: i nidi d’uccello, gli insetti silenziosi, gli scoiattoli che balzano di ramo in ramo, le erbe rare e i fiori delicati. E le spiagge dell’isola, con le conchiglie, i pesci che guizzano vicini, le zattere da costruire con rami d’albero.
 
Per dieci giorni, Baden-Powell insegna loro ad andare in esplorazione, seguire una pista, organizzare “grandi giochi”, affrontarsi in movimentate e cavalleresche gare sportive. Li guida nell’esplorazione accurata, nell’orga-nizzazione di imboscate, nella scienza misteriosa dei nodi. Imparano a rizzare le tende, accendere il fuoco, cucinare all’aperto. Per ogni “abilità” conquistata, ricevono un nastro colorato che va ad ornare le maniche della camicia.
 
A sera, dopo la cena (Baden-Powell esige una certa eleganza per la cena), il corpo ravvolto in una coperta variopinta, si dirigono verso la riva del mare: è l’ora suggestiva dei “fuochi di campo”. La fiamma sale dritta nell’aria leggera, e Baden-Powell racconta le storie della sua vita. Poi cantano: canzoni che Robert ha portato dalle notti tropicali e dalle  boscaglie africane, come l’Ingonyama, maestoso e cadenzato come un salmo biblico. Una breve preghiera chiude la giornata. Poi, mentre tre pattuglie raggiungono le loro tende, la quarta va a “montare di guardia” per la prima parte della notte.
 

9 agosto. Sul suo taccuino, Baden-Powell scrive: “Levato campo”. I venti ragazzi partono. Portano con sé collezioni di piume d’uccelli, conchiglie, foglie d’albero, ma portano specialmente  un ricordo incancellabile di giorni felici, e la volontà di riviverli insieme ad  altri ragazzi.

 

Senza perdere tempo, Baden-Powell torna nel piccolo albergo di Wimbledon e rivide i suoi appunti. Ha capito la necessità di dare un’uniforme ai ragazzi, e la disegna: i calzoni corti che non si strappano al ginocchio; la camicia di tela  a larghe maniche di color cachi, così pratica per nascondersi; il fazzolettone che serve a tante e imprevedibili cose; il cappello a larga tesa, quello stesso cappello che lui portava  Mafeking.
 

Scrive anche una semplice promessa, che riassume in poche parole l’impegno di un ragazzo “scout”: Prometto sul mio onore di compiere il mio dovere verso Dio e la mia patria; di fare del mio meglio per aiutare gli altri, a costo di qualsiasi sacrificio”.

Rivede i suoi appunti, li arricchisce di nuove riflessioni. Gli pare che possono formare un buon libro. Lo intitola scouting for boys e lo fa leggere a Pearson e a qualche amico.

 

 

 

DIMISSIONI DALL’ESERCITO

 

Pearson ne è entusiasta:

-     Dobbiamo stamparlo al più presto, lanciarlo a tutta la nazione. Il mio giornale è a vostra disposizione: pubblicheremo la cronaca del campo di Brownsea, e poi a puntate il libro. La Young Men's Christian Association si metterà a vostra disposizione per organizzarvi un largo giro di conferenze. Avrete molto da fare in questi mesi. Per caso, non pensate di dare le dimissioni dall’esercito?
 

Ci stava pensando ormai da tempo, Baden-Powell. Aveva solo 50 anni, poteva aspirare alle più alte cariche, ma la vita di generale non lo attirava. Gli ripugnava andarsi a “seppellire in un ufficio”, tra carte e timbri. “Essere ufficiale di reggimento mi piaceva – scrisse – per il contatto personale con i miei uomini. Ma non ero fatto per fare il generale”. E poi c’erano i ragazzi, questa nuova missione che calamitava i suoi pensieri e riempiva ormai la sua vita.

In un colloquio personale si consigliò con la stesso re Edoardo VII. “incoraggiato da sua madre, dopo aver molto pregato per conoscere la volontà di Dio – riferisce la signora Baden-Powell – dette in quello stesso anno le dimissioni dall’esercito”.
 

La pubblicazione dell’esperienza di Brownsea sui giornali di Pearson accende l’interesse di adulti e ragazzi. Le conferenze organizzate dalla YMCA attirano folle. Baden-Powell racconta con semplicità ciò che ha fatto a Brownsea, espone le sue idee, le sue riflessioni su “come dare gusto e significato alla vita dei ragazzi “. Il suo modo di parlare non è quello dei dotti e barbosi conferenzieri. È tutto uno spezzato di episodi, intuizioni, ricordi, consigli pratici, suggerimenti.

“La grande maestra del ragazzo - dice – deve essere la natura”. I boschi da esplorare le montagne da conquistare, i fiumi da percorrere sono la grande e splendida scuola di vita che purtroppo tanti ragazzi non conoscono. “L’attività fisica non è mai solo un piacere: abitua al sacrificio, abitua alla generosità, costringe ad aiutarsi, fa scoprire l’importanza dell’unione, dell’amicizia. Rende umili e forti generosi e gentili”.
 
“Nell’esplorare la natura, il ragazzo svilupperà la sua capacità di osservazione e di deduzione”. Dal volo improvviso di un uccello capirà la presenza di qualcuno. Da un ramo spezzato indovinerà la direzione di marcia di una battaglia.
 
“Il mezzo più efficace per educare il ragazzo - dice -è il gioco. Il gioco all’aria aperta. Il gioco avventuroso nella natura”. Baden-Powell sarà grande inventore di giochi, e li copierà dalla vita: l’osservazione, lo spionaggio,  la preparazione di trappole e di imboscate, e la maniera di sfuggirle.
 

Altri componenti essenziali dell’educazione devono essere la vittoria, la lotta, la competizione: prima di tutto contro la propria pigrizia, lo scoraggiamento, la stanchezza.

Lo sviluppo dell’istinto sociale trova sfogo nella squadriglia, guidata da un ragazzo. Baden-Powell ha un’illimitata fiducia in questi piccoli “capi”. Un adulto li controllerà, ma senza far pesare il suo controllo.
 

La squadriglia deve essere un piccolo mondo a sé, con le sue tradizioni, o suoi simboli, il suo lavoro: una società in miniatura.

 

 

LA LEGGE SCOUT

 

L’unica leva potente, a cui si deve far ricorso nei momenti più impegnativi, è l’onore del ragazzo. Egli all’inizio dà la sua parola che si comporterà da scout, e il suo senso dell’onore sarà la garanzia che osserverà la “legge” anche quando verrà a costare parecchio.
 
Questa legge, Baden-Powell l’ha riassunta (come un moderno Mosè) in dieci comandamenti, che hanno poi subìto qualche leggera modifica delle varie nazioni in cui lo scoutismo si è trapiantato.
 
Eccoli nella versione italiana:

1.       Lo scout considera suo onore meritare fiducia.

2.       Lo scout è leale.

3.       Lo scout è sempre pronto a servire il prossimo.

4.       Lo scout è amico di tutti e fratello di ogni altro scout.

5.       Lo scout è cortese e cavalleresco.

6.       Lo scout è buono anche con gli animali creature di Dio.

7.       Lo scout ubbidisce prontamente.

8.       Lo scout sorride e canta nelle difficoltà.

9.       Lo scout è laborioso ed economo.

10.    Lo scout è puro di pensieri, di parole e di azioni.
 
“Un punto importantissimo – dice ancora Baden-Powell – è che i ragazzi compiano ogni giorno una buona azione verso qualcuno. La buona azione può essere anche minima (far posto a sedere a qualcuno, togliere una buccia di banana dal marciapiede, mettere una moneta nella cassetta dei poveri), ma è una maniera efficace per sradicare il ragazzo dall’egoismo”.
 
“Un vero sistema educativo – dice ancora Baden-Powell – reclama la presenza di Dio. Un Dio che non ha il fucile spianato per castigarci, ma che ci sorride e ci incoraggia a diventare uomini attraverso quel suo grande capolavoro che è la natura”. “Nessun uomo può essere veramente buono se non crede in Dio e non obbedisce alle sue leggi. La religione è una cosa semplicissima: primo amare e servire Dio; secondo, amare e servire il prossimo”.
 

All’inizio del 1908 viene pubblicato il libro Scouting for boys in sei puntate. Il risultato è così grandioso che già nel maggio esce l’edizione in volume unico.

Molti educatori rimangono delusi. Scouting for boys non assomiglia a nessun altro libro di pedagogia. Non è un trattato, ma (come le conferenze di Baden-Powell) una serie di episodi, ricordi, consigli pratici, suggerimenti, raggruppati in “26 chiacchierate”, che gli adulti possono fare ai ragazzi, ma che i ragazzi stessi possono leggersi da soli. E sono i ragazzi che decretano il successo del libro. In un anno ne vengono vendute 110 mila copie.
 
“I ragazzi hanno abboccato – scrive R. Bastin – Questa raccolta di aneddoti disparati permette al ragazzo medio di tentare di fare dello scautismo. Vi trova, codificati da un maestro, in uno stile che lo intereswsa, consigli pratici per realizzare i suoi sogni di campeggi, di fuochi, di avventure. Vi scopre sagge regole peer diventare grande. Regole dure, perché per Baden-Powell il gioco non ha quel senso di facilità che noi adulti gli diamo, ma l’interesse profondo che il ragazzo vi porta”.
 

Nell’estate e nell’autunno di quel 1908 gli inglesi vedono sorgere “reparti scout” in ogni angolo dell’isola. È come un incendio che si estende inarrestabile nella boscaglia. I ragazzi si vestono da “soldati-esploratori di Mafeking”, i capi (che i ragazzi stessi si trovano) leggono con loro Scouting for boys, e vanno nei boschi a rizzare tende, costruire capanne, fare “grndi giochi”, osservare da vicino (strisciando silenziosi alla maniera indiana) aninali e uccelli.

Nasce così, senza che nessuno l’abbia previsto, il movimento scout. La massa di ragazzi “avvizziti, sfaccendati”, hanno trovato in Baden-Powell il loro leader, colui che li ha capiti e ha inventato la formula per dare gusto, interesse alla loro vita.
 
Nel luglio 1908 si tiene la prima riunione di “istruttori scout”. Intanto Scouting for boys viene tradotto in parecchie lingue. Argentina e Cile, in quello stesso 1908, hanno già i loro scout. L’America scopre lo scautismo grazie alla buona azione di uno scout inglese. Trascinando una pesante valigia, un americano si dirige faticosamente verso un albergo di Londra Un ragazzo di 15 anni gli si accosta, afferra la valigia e gliela  porta fino a destinazione. L’americano mette mano al borsellino per la mancia, ma il ragazzo la rifiuta cortesemente: “Sono uno scout, e aiutandola ho compiuto la mia buona azione”. Colpito dalla gentilezza, quell’americano cerca notizie degli scout. Acquista Scouting for boys e, tornato in America si adopera perché lo scoutismo nasca anche negli Stati Uniti.
 

Appena un anno dopo, il presidente americano Roosevelt scrive a Baden-Powell. “Condivido con la più grande simpatia i metodi e gli scopi del vostro libro. Le lezioni che vi si trovano sono adatte e necessarie anche ai giovani americani”.

 

 

GIROTONDO INTORNO AL MONDO

 

Dal 1908, la vita di Baden-Powell è tutta mangiata dallo scoutismo. Ogni anno organizza nuovi “campi scout”. Ma specialmente (ed è questo che lo occupa di più) diventa il “commesso viaggiatore” dello scautismo. Lo invitano in ogni parte del mondo a tenere conferenze, a “ispezionare” reparti. Ed egli va. “È bello condividere con i ragazzi di tutto il mondo la gioia di vivere” dice. Impossibile seguirlo minuziosamente in questo “girotondo intorno al mondo” che durerà quasi trent’anni. Accenneremo soltanto ai mementi principali.
 
1909. Al Crystal Palace di Londra si tiene la prima gara e riunione di scout: undicimila ragazzi. Sfilano per le vie di Londra con cappelloni e bandiere. La sorpresa arriva al termine della sfilata: dietro i ragazzi avanzano le formazioni delle ragazze, sorelle, cugine, amiche degli scout. Baden-Powell rimane letteralmente a bocca aperta. Non se l’aspettava che anche le ragazze chiedessero di partecipare alla vita scout. Il “gioco nei boschi”, specialmente in quel tempo, non pareva fatto per loro. Ma le ragazze londinesi si dimostrano tenaci: nel volgere di un anno ottomila erano iscritte presso il “quartiere generale” scout col nome di guida, e reclamavano una “edizione corretta” per loro di Scouting  for boys.
 

1912. Gli scout degli Stati Uniti, Giappone, Cina, chiamano Baden-Powell. Nel porto di Londra egli sale a bordo dell’Arcadie per il suo primo giro del mondo. Gli fa da scorta una “guardia d’onore” di ragazzi in calzoni corti e camicia cachi, che agitano bastoni e grandi cappelli, lanciando “hurrà”

C’è una giovane donna che guarda quella festa con occhi curiosi. Si chiama Olave Soames. Robert, notando il suo interesse, le si fa presentare. Diventano amici. Alcuni mesi dopo gli amici più intimi di Baden-Powell vengono informati che egli sposerà miss Olave Soames con una cerimonia riservatissima.

Al matrimonio è presente il Primo Ministro del Sud Africa, Louis Botha, che nella guerra sudafricana è stato generale dei Boeri. Con fine umorismo, al momento del brindisi, Botha alza il calice alla sposa dicendo:

-     Alla salute di colei che ha catturato l’uomo che noi non siamo mai riusciti a catturare.

Fu un matrimonio assai felice. Nacquero tre figli: Peter, Heather e Betty. Olave divenne una fedele collaboratrice anche nel movimento scout, specialmente delle guide.
 

1913. I bambini dagli 8 ai 12 anni desiderano entrare anch’essi nel grande gioco scout. Nascono i lupetti. I nomi fantasiosi e lo spirito di questo ramo dello scoutismo nascono dall’incontro di Baden-Powell con “Il libro della giungla” di Kipling. Egli vuol far vivere ai ragazzini la storia incantata di Mowgli: il fanciullo che si smarrisce nella foresta, è allevato da una lupa, viene accettato nella società degli animali, e scopre i meravigliosi segreti e la forza educatrice della natura.

 

 

GUERRA SULL’EUROPA

 

In quello stesso anno, su un quotidiano inglese, un alto ufficiale accusa lo scautismo di essere un “pacifista”. Baden-Powell risponde: “Sono riconoscente all’ufficiale che ci fa questa accusa…  Incoraggiamo il giovane a pensare in termini di pace e di amicizia tra persone e tra popoli”.
 
L’accusa ha una sua motivazione: in quel 1913 si sente già nell’aria la tempesta sta per scatenarsi sull’Europa: la prima guerra mondiale. I giovani sono sollecitati non a pensieri di pace ma a fantasie di guerra. La Germania vuole dominare il mondo; l’Inghilterra, che il mondo già lo domina con il suo vasto impero, è decisa a sbarrare il passo ai Tedeschi. Le nazioni europee, dalla Francia alla Russia, si riarmano velocemente. Nei cantieri si preparano mostruose navi da battaglia. Sulle frontiere vanno allineandosi file interminabili di cannoni ed eserciti sterminati. Baden-Powell annota: “Se scoppierà, questa guerra sarà terribile. Al confronto, le nostre guerre coloniali diventeranno giochi per bambini, Là l’omicidio era un incidente, qui il massacro sarà scientifico e automatico”.
 
28 luglio 1914: il cannone tuona  ai confini della Serbia.
 
4 agosto: Francia e Inghilterra entrano nella fornace. Il Belgio è investito da una valanga di fuoco. Il “guerrone” dilaga sull’Europa. Milioni di giovani scendono nelle trincee. Per tre anni le pianure francesi vengono coperte di cadaveri e inondate di sangue. Dal 24 maggio 1915 anche l’Italia viene gettata nella fornace.
 
1917. Mentre i battaglioni sul fronte francese si ribellano all’ordine di andare all’attacco, e nella Russia immensa comincia la sconvolgente rivoluzione comunista di Lenin, Baden-Powell scrive: “Le Nazioni, deluse da questa guerra, sono alla ricerca di strumenti di pace…  Noi dobbiamo impegnarci perché i ragazzi che stanno crescendo in ogni parte del mondo possano vivere da fratelli l’esperienza scout. Essi rimarranno così legati da un’amicizia che permetterà di trovare una soluzione pacifica ai grandi conflitti internazionali… Se i futuri cittadini del mondo saranno stati fianco a fianco in un campo scout, saranno capaci di regolare le controversie con discussioni e patti amichevoli. Percorreranno la via della pace e non quella della guerra”.
 

Da questo momento, la difesa della pace attraverso lo scoutismo sarà la “missione speciale” di Baden-Powell.

 

 

JAMBOREE, INCONTRO DI TRIBÙ

 

Pasqua 1919. Nel parco di Gilwell, vicino a Chingford, Robert inizia il primo “Campo-scuola per Capi  scout”. È  un’idea geniale: far vivere ai Capi, per un certo periodo, la vita dei loro ragazzi. Divisi in squadriglie, ricoprendo a rotazione tutte le mansioni, i Capi si “specializzano” in scoutismo a stretto contatto con Robert e con i suoi immediati collaboratori.

Da anni Baden-Powell si preoccupa dei giovani che a 16-17 anni lasciano il movimento scout. L’esplorazione e i distintivi non sono più tra i loro interessi, ma molti desiderano continuare a vivere “con stile scout”, ad affrontare cioè la vita come uno sport virile. Nel 1922 Robert pubblica il suo libro migliore, Rovering to success. Nascono così i rovers, la terza branca della famiglia scout. Ad essi addita come interesse centrale della vita il servizio. Servizio verso se stessi, verso il movimento scout (diventano la sorgente principale dei Capi), verso la comunità. “Prestare servizio, di qualsiasi genere esso sia – scrive –costituisce il modo scout di osservare la promessa di compiere il Dovere verso Dio”.

Il movimento scout è così completo: Lupetti (8-11 anni) riuniti in Branco; Scout (11-16 anni) radunati in Reparto; Rovers (16 anni in poi) raccolti in Clan. Un branco, un Reparto e un Clan formano un Gruppo. A questa articolazione corrisponde quella delle ragazze: Coccinelle (8-11 anni), Guide (11-16), Scolte (16 anni in poi). (I nome italiani e gli anni sono quelli adottati dall’Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani, AGESCI.
 
1920. Seimila scout provenienti da 21 nazioni di ogni parte del mondo si incontrano a Londra. È il primo Jamborée Mondiale. L’ha scelta Baden-Powell questa parola. Nel linguaggio degli Indiani d’America significa “incontro di tribù”. È il primo avveramento del suo sogno pacifico: l’incontro di tutti i popoli nella cordialità dell’amicizia. Certi volti di ragazzi gli ricordano i popoli presso i quali ha dovuto recarsi per combattere. I loro figli vengono oggi da lui per imparare a costruire la pace. L’ultima sera del primo Jamboree, il 6 agosto, Baden-Powell è acclamato “Capo scout del Mondo”.
 

Il primo fu seguito da altri Jamborée mondiali: 1924 in Danimarca, 1929 in Inghilterra, 1933 in Ungheria, 1937 Olanda. In ognuno Robert, la faccia sempre più piena di rughe ma il sorriso sempre più luminoso, fu la figura “centrale”, tumultuosamente acclamato dai “suoi” ragazzi.

Ai 28 mila radunati in Olanda disse: “Ora è tempo  che vi dica addio. Desidero che la vostra vita sia felice. Io sono nel mio ottantunesimo anno, e sto avviandomi alla fine della vita… Ricordatevi dei molti amici ai quali avete teso la mano dell’amicizia, e diffondete il regno di pace di Dio tra gli uomini”.

 

 

LA MORTE AI PIEDI DEL MONTE KENYA

 

Ottobre 1938. Baden-Powell sta viaggiando verso l’Africa del Sud. All’improvviso le forze l’abbandonano. Devono sbarcarlo in un porto del Kenya. In quella nazione, in una casa ai piedi del monte Kenya perennemente coperto di neve, abita da qualche anno suo figlio Peter.
 
Tra il verde intenso della foresta e il respiro profondo del vento, Baden-Powell trascorse gli ultimi mesi della sua vita declinante. Laggiù la radio gli portò, nell’autunno del 1939 la notizia tristissima della seconda guerra mondiale. Ai “suoi” scout, quelli che aveva sentito cantare e visto ridere spensierati nei Jamborée, veniva un’altra volta comandato di impugnare il fucile per uccidersi a vicenda.
 
Morì nel gennaio 1941, alla vigilia dell’84° compleanno.
 

L’ultimo messaggio che mandò da quella zona sperduta dell’Africa agli scout di tutto il mondo, mentre le nazioni erano ancora travolte dalla furia della guerra fu una parola di speranza: “La mia vita è stata molto felice, e quindi desidero che ognuno di voi abbia una vita altrettanto felice. Cercate di lasciare il mondo un po’ migliore di come lo avete trovato. E quando sarà la vostra ora, potrete morire sereni nel pensiero che avrete fatto il vostro meglio”.

 


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