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Una Terra senza confini

Prof. Eco: Ciao Gìa, ti vedo pensierosa. Non sai quali regali fare per Natale? Vuoi qualche idea per trovare doni rispettosi dell’ambiente e delle persone?
Gìa: In realtà sto pensando a cosa abbiamo parlato ieri a scuola.
 
Prof. Eco: Di cosa avete parlato?
Gìa: Visto che quest’anno in classe ci sono tanti ragazzi stranieri, la ecologiaprofessoressa ci ha chiesto di fare una ricerca su come viene festeggiato il Natale nei diversi Paesi del mondo.
 
Prof. Eco: Bellissimo!!! Vuoi un aiuto?
Gìa: Ti ringrazio, ma ho trovato abbastanza informazioni. Volevo chiederti un’altra cosa: mentre facevo la ricerca, ho trovato una lettera di un bambino che, come regalo per Natale, chiedeva di poter trascorrere i giorni di festa insieme con la sua famiglia nel Paese d’origine.
A questo punto mi sono ricordata di quanto mi hai raccontato l’ultima volta che ci siamo visti. Avevi detto che quando si produce un bene non si considera l’interazione che provoca con l’ambiente e con l’uomo. Quindi ho pensato che i sistemi produttivi, ed in particolare l’estrazione delle materie prime, distruggono l’ambiente circostante e costringono molte persone a migrare. È così?
 
Prof. Eco: La situazione è molto complessa, ma cercherò di spiegarla in modo semplice. Le persone migrano per differenti ragioni: a causa della povertà, che in alcuni casi è così estrema che la gente muore di fame, a causa di guerre, di persecuzioni politiche e in questi ultimi anni a causa dei cambiamenti climatici.
Gìa: Quindi la mia intuizione era giusta? Ma perché succedono queste cose?
 
Prof. Eco: Non tutti la pensano allo stesso modo e spesso gli interessi economici mettono gli abitanti del nostro pianeta in secondo piano. Ci sono però tante organizzazioni e persone che si impegnano a cambiare questa situazione.
Gìa: Ma cosa vuol dire che la gente migra a causa dei cambiamenti climatici? Ci sono persone che muoiono di fame nei Paesi ricchi di materie prime? Perché...
 
ecologiaProf. Eco: Una domanda alla volta! Ti parlerò, in modo approfondito, dei cambiamenti climatici un’altra volta. Posso anticiparti, però, cosa prevedono degli studi specifici: entro il 2050, 200 milioni di persone dovranno abbandonare la propria terra a causa dei disastri ambientali e dell’innalzamento del livello dei mari. Le regioni più vulnerabili sono le isole di Tuvalu, le Maldive, le aree secche del Sahel in Africa e alcune zone del Messico; il Bangladesh, il Vietnam e l’Egitto dove si trovano i delta dei fiumi a rischio.
 
Gìa: Ma il 2050 è lontanissimo, allora c’è tempo per intervenire!
Prof. Eco: Sicuramente con l’impegno di tutti la situazione può cambiare e migliorare, ma non pensare che questi problemi siano lontani. Nel biennio 2007-2008, i migranti a causa dei cambiamenti climatici sono stati 70 milioni. Quest’anno circa 50 milioni di persone stanno soffrendo la fame a causa di emergenze umanitarie e climatiche.
 
Gìa: Ma queste informazioni non le leggiamo sui giornali, né le vediamo alla tv, altrimenti sono sicura che le persone avrebbero un atteggiamento diverso con gli immigrati. Noi sfruttiamo le risorse naturali di Paesi lontani, distruggiamo l’ecosistema, rendiamo povere le persone e poi ci lamentiamo dell’immigrazione.
Prof. Eco: Sei stata molto esplicita, anche se molte azioni le facciamo inconsapevolmente, le nostre scelte possono aiutare a migliorare questi problemi. Per esempio, l’estrazione del petrolio nel delta del Niger da parte di alcune multinazionali non porta benefici economici ai suoi abitanti. Anzi, i giacimenti di oro nero e il suo trasporto inquinano il territorio e contaminano l’acqua e il cibo. Chi ha grandi interessi economici non vuole cambiare, ma noi ecologiapossiamo fare scelte differenti.
 
Gìa: Per esempio, possiamo interessarci dei nostri compagni di scuola stranieri, capire come mai i loro genitori hanno abbandonato la terra d’origine, essere accoglienti senza giudicare solo per sentito dire.
Prof. Eco: Certo, e capire che per queste persone lasciare il proprio Paese è stata una scelta sofferta e difficile. Non a caso, molti conservano la nostalgia della loro terra: si sono separati dagli amici, dai parenti, dagli usi e costumi solo per necessità e facendo grandi sacrifici. Il regalo più bello che potremo portare alla grotta sarà proprio la nostra accoglienza, come fecero i poveri pastori con Gesù bambino.
 
 
© Enrico Molineri-Mondo Erre
 

 
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©AGOSTINO LONGO
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