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PAGHETTA: NON BASTA MAI!

Carte ricaricabili al posto dei soldi. Ma sono davvero uno strumento di educazione? Bastano pochi euro alla settimana per imparare il valore del denaro e del risparmio. E riflettere su chi ha bisogno di aiuto.

Una pagina intera di giornale per lanciare la card, “il denaro che piace ai ragazzi”. Trascriviamo fedelmente: “I contanti non li vogliono più. Le paghette? Roba vecchia. Le tasche dei blue-jeans sotto i fianchi pesano di cellulari e mazzi di chiavi. Di soldi, mai. Partono con la carta di credito, quella che se abbiamo bisogno di soldi, tanto la ricaricano mamma e papà. È il boom delle carte di credito per teen agers. Il tam-tam si spande sul web. Perché chi usa moneta magnetica per viaggiare e fare acquisti on line si sente più sicuro… Negli ultimi due anni gli investimenti nel settore sono raddoppiati”.
Di quale Paese parla questo giornale? Forse immagina un prossimo futuro radioso? No, l’anno è il 2005 e parla di noi che viviamo in una nazione certo ricca rispetto a molta parte del mondo dove si muore di fame, ma economicamente sempre più depressa. L’Unicef, l’agenzia dell’Onu per l’infanzia, ci ha appena ricordato che in Italia un bambino su cinque vive nella povertà.
Imperterrito l’articolista in questione prosegue: “La paghetta mensile dei teen ager prima dell’euro era di 100 mila lire; oggi è di 200 euro, e cioè quasi 400 mila lire”. E dopo averci rivelato che i giovanissimi americani l’anno scorso hanno speso 160 miliardi di dollari in moneta elettronica, aggiunge che anche da noi “l’economia delle young credit card è in netta espansione”. E via con le proposte delle banche e delle Poste: carte di credito che “possono essere ricaricate dai genitori, investendo la vecchia paghetta”.


I SOLDI NON PIOVONO DAL CIELO

Che cosa comprano i ragazzi? Una ricerca dell’“Osservatorio per i diritti dei minori” ha stilato questa classifica: telefonini di ultima generazione, strumentazione digitale terrestre, lettori musicali portatili, fotocamere digitali, videogiochi, hardware e software, abbigliamento. Non manca, ovviamente, l’intervista all’esperto di turno. Parla un docente di sociologia economica, il quale spiega il successo della nuova moneta: “Accade come con il cellulare. Attraverso telefonini e carte di credito i genitori seguono di più i ragazzi, sfogano la loro esigenza di controllo. In ogni caso matura l’autonomia economica dei pre-adolescenti, i quali si aggregano anche grazie al possesso transitorio di queste carte”. Insomma, semplificando: tasche piene di chiavi e cellulari, e una carta di credito perché i quattrini aiutano a socializzare.
È il ritratto dei ragazzi di oggi? Noi pensiamo di no e anzi siamo convinti - come, del resto, dimostrano tutte le indagine compiute da Mondo Erre - che esistono teen agers diversi, più maturi da questi esili modelli di ignari consumatori. La paghetta cambia, certo. E non sempre è un privilegio per bambini ricchi. Pochi euro a settimana possono aiutare a sviluppare il senso di responsabilità, però a determinate condizioni. E purché non sia soltanto un regalo piovuto dal cielo che con il passare del tempo diventa un diritto acquisito.
Con buona pace di chi ha scritto l’articolo citato all’inizio, a leggere gli ultimi dati dell’inchiesta “Doka Junior” i genitori italiani, sotto la spinta della crisi economica, sono meno favorevoli di un tempo alla paghetta. Il numero di ragazzi che riceve un mini-salario è sceso in 4 anni del 16 per cento. Ora sono meno della metà e ricevono in media 5 euro la settimana.
È più che sufficiente se si considera la paghetta uno strumento per imparare a crescere. Consente ai ragazzi di chiarire il confine tra i consumi più o meno inutili e ciò che va accantonato per scopi più importanti. Si impara a conoscere il risparmio e a fare scelte. Vuoi ricaricare il telefonino e uscire con gli amici? Controlla se hai messo da parte la somma sufficiente per farlo e se ti rimangono abbastanza soldi per una pizza di gruppo.
La cadenza settimanale aiuta insomma i ragazzi a controllare quanto si ritrovano nelle tasche e a stabilire delle priorità negli acquisti, sulle cose utili e su quelle superflue. Sviluppa il senso critico nei confronti delle sirene pubblicitarie che fanno capolino dai manifesti murali, dalle pagine dei giornali e soprattutto imperversano in televisione. Parlare di denaro significa anche riflettere su chi ha bisogno di aiuto e così destinare una parte dei risparmi alla solidarietà.


QUANDO DARE DENARO

Perché dare la paghetta? È una domanda che divide gli psicologi. Alcuni consigliano di assegnare dei compiti ai ragazzi, di porre loro obiettivi da raggiungere e poi ricompensarli in base ai risultati. Perché, spiegano, soltanto così si impara che i quattrini costano fatica e non scendono dal camino. Aggiungono che far vedere come l’impegno e il lavoro paghino è un messaggio di meritocrazia giusto da trasmettere.
Altri ritengono, invece, che la paghetta non vada data in cambio di lavoretti domestici o di bei voti a scuola. I voti non sono merce di scambio, ma un obiettivo per il quale si può solo pretendere il massimo impegno. E certi lavoretti domestici vanno naturalmente condivisi in famiglia, come letti fatti e camere in ordine, senza aspettarsi alcun compenso.
In ogni caso, l’importanza di aprire il capitolo della finanza fin da quando i ragazzi vanno alle elementari e soprattutto alle medie e alle superiori, è riconosciuto da tutti i pedagoghi e formatori.
Forse, contanti o carte di credito che siano, bisognerebbe cambiare il nome: paghetta presuppone che sia data in cambio di qualcosa (un lavoro, un buon andamento scolastico, ecc.). E invece va intesa come “primo incontro” con i soldi e la propria capacità di amministrarli. Di qui, si può imparare a stabilire un rapporto realistico con il denaro, a comprendere che ogni cosa deve essere guadagnata, che i genitori non sono dei bancomat e che non tutti i desideri possono essere soddisfatti. Anche perché, altrimenti, non avremmo più nulla da desiderare.

LIDIA GIANASSO
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©AGOSTINO LONGO
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